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Storie di matti di Arianna Porcelli Safonov

by Claudio Della Pietà

“…la sepoltura dei propri traumi è il primo granello di asfalto per costruire la strada che porta alla follia.”

Il giorno in cui ho consultato, come tante altre volte, le pubblicazioni in arrivo di Fazi Editore, così come di altre case editrici, e mi sono imbattuto in “Storie di matti” scritto da Arianna Porcelli Safonov, detto con estremo rispetto ma per me assoluta sconosciuta fino a quel momento, sono rimasto letteralmente folgorato.
Gli occhi di Arianna, nella foto del risvolto di copertina, parlavano, dicevano qualcosa di importante, e quando ho letto la biografia mi sono convinto ancor di più che quel libro andava letto. Lei non è una scrittrice, faceva e fa altro, intrattiene, con i gesti e le parole, organizza e realizza spettacoli di intrattenimento, ed è forse proprio per questo che, magari senza volerlo inserire in modo significativo nella sua biografia, è anche una brava intrattenitrice avvalendosi della parola scritta.

Vi do un’informazione importantissima a mio avviso. Questo libro, una raccolta di nove racconti, da leggersi rigorosamente non più di uno al giorno, in quanto parlando di matti, dosi eccessive di pazzia altrui potrebbero aumentare pericolosamente il nostro pur inavvertito livello attuale di incapacità di intendere e di volere, questo libro dicevo è corredato da una sorta di piccolo apparato di note, così come fece l’anno scorso un altro amico scrittore con il suo ultimo romanzo che pure quello, di pazzi parlava. Le note riportate, si potrebbero anche classificare come rispettive sinossi dei nove racconti, ma a mio parere sono molto di più, e proprio per questo ecco il consiglio-informazione: “Leggetele alla fine, godetevi i racconti, e poi vi andate a leggere le sinossi o come volete chiamarle. Le gusterete assai.”

E veniamo ai racconti che Arianna ha messo insieme. Ognuno di questi nove pezzi, racconta una relazione del protagonista del racconto con una parte della propria vita, talvolta individuata in un parente (padre o madre), un’altra volta in una situazione contingente (innamoramento, disoccupazione), e altre volte ancora nei rapporti con gli amici o con la propria città. E a proposito di città questa cosa che sto per dirvi, introduce il cuore di questo volume, l’idea di fondo che fa da fil rouge del lavoro di Arianna Porcelli Safonov.
Ogni racconto è preceduto da una sorta di mini-racconto, dalla descrizione di una città dove i fatti che ci racconterà, si svolgono. Staremo un giorno a Torino, uno a Bologna, uno a Palermo, città molto note, altri a Ferruzzano o Voghera, meno note ma accomunate, sembra dirci Arianna, dalla presenza “normale” dei matti. Non ha importanza quindi la fama del luogo, la notorietà artistica o sociale che sia, i matti sono ovunque.
Ho virgolettato “normale” perché è un termine che pesa molto per Arianna, pesa molto in tutto ciò che vuole esprimere in questo suo stupendo libro, e anche lei lo virgoletta.
Dice Arianna: “I pazzi di oggi ci attirano nella loro inquietante rete appiccicosa che vuol farci accettare il marcio e malato come vero, assodato, chic, ma soprattutto normale, quando non esiste nessuna molecola più tossica di ciò che viene ritenuto dalla moltitudine “normale”.
Ecco, io ho colto questo dalle storie che ho letto, dalle parole di Arianna: se c’è un problema, il problema non è il matto in sé, e non è nemmeno tanto se un gesto , un comportamento, una manifestazione stia più o meno all’interno di un range di normalità. La questione vera e pericolosa è la massa aggrovigliata attorno ad una convinzione cieca e sorda, la massa che vuole ad ogni costo e magari anche in modo coercitivo convincerti che è così, e basta.
La moltitudine assuefatta, ipnotizzata, indifferente, insensibile ad ogni stimolo, macchina di fatto, telecomandata, in cui ogni elemento identifica la situazione del gruppo, ideale, non plus ultra, al top come va più di moda oggi, e quindi non necessitante di ulteriori modifiche, questo è il mostro da cui dobbiamo difenderci, la pazzia autoimmune che impedisce di aprire i nostri sensi ad atteggiamenti più produttivi quali l’ascolto, la riflessione approfondita, il rispetto, il confronto l’elaborazione di soluzioni non comuni, ma condivise.

“……….. è una città normale, perciò è possibile che ogni tanto partorisca dei matti perché, come questo libretto cerca di spiegare, la normalità genera follia.”

Mettete al posto dei puntini il nome di ognuna delle vostre città. Secondo me ci staranno bene tutte.

Buona lettura. Claudio.

“Si nasce tutti pazzi. Alcuni lo restano.” (Samuel Beckett)

 

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