Roberto Bolaño – Amuleto

by senzaudio

Nel corso della mia piccola carriera da lettrice sono giunta alla conclusione che esistano due tipi di libri: quelli che all’inizio non ti sembrano granchè ma che migliorano pagina dopo pagina e quelli che già dopo l’incipit ti fanno venir voglia di metterti in piedi, fare un bell’inchino e applaudire dai 10 ai 15 minuti. Poi ci sono quelli nei quali cerchi di trovare fino all’utlimo qualcosa di buono, ma non c’è niente da fare e allora hai solo voglia di tirarli via dalla finestra, ma questo è un altro discorso.

Amuleto di Roberto Bolaño (tradotto da Ilide Carmignani per Adelphi) appartiene alla seconda categoria, quella che ti fa benedire i libri mediocri letti perché ti hanno permesso di riconoscere i capolavori. Io e Bolaño avevamo un appuntamento già da tempo, è stato paziente, ha aspettato e poi mi ha ricompensato, dissetato di altissima letteratura sudamericana. In realtà, il mio è stato un ritorno. Credo siano passati circa 15 anni dalla mia fissa con gli scrittori sudamericani, ed è durata anni eh! Mica roba da poco. È stato un ritorno anche in Adelphi, ai suoi colori tenui, alla copertina vellutata… quanti ricordi. Ma torniamo al libro, la protagonista è Auxilio Lacouture, fact totum della facoltà di Lettere e Filosofia di Città del Messico, madre della poesia messicana, amica, madre, moglie, sorella d’ogni scrittore, piccolo e grande, giovane e vecchio, ricco e povero, sano e malato che s’aggiri per le vie di quel marasma di città. Auxilio non scrive ma legge, legge tanto, anche se non ha istruzione che non sia proveniente dalle pagine lette, dalle conversazioni intraprese, dalle strade attraversate, dalla polvere spazzata via dalle case dei poeti, dai gomiti appoggiati ai bicchieri di tequila.

Tutti conoscono Auxilio e Auxilio conosce tutti. È sola in Messico, ma solo una volta ha paura, quella volta del settembre del 1968 che restò nascosta nel bagno delle donne della Facoltà quando l’esercito fece irruzione all’università. Auxilio resta, ha con sé un libro di Pedro Garfias, una penna e la carta igienica per prendere qualche appunto. Nei 12 giorni in cui rimane in quel bagno, Auxilio pensa alle persone incontrate fino a quel momento ripercorrendo le storie di una generazione il cui canto si eleverà come un “amuleto” sulle schiere dei giovani che verranno, armati di penne e di idee come i loro colleghi del ’68.

Tutto quello che potrei aggiungere d’ora in poi non servirebbe a niente, non devo e non voglio convincervi di nulla. Ma, se vi troverete in una libreria, datemi retta, cercate una copia di questo libro e leggetene la prima pagina, sono sicura che verrà a casa con voi.  Ah, un’altra cosa, dopo aver letto Amuleto scommetto che anche voi comincerete a usare molto meno l’aggettivo “interessante”:

[…] che è un aggettivo che non sembra aggettivare e che serve tanto per descrivere un film che ci ha annoiato senza che vogliamo ammetterlo, quanto per indicare lo stato di gravidanza di una donna.

Ci avevate mai fatto caso?

 

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1 comment

carla 30 Ottobre 2014 - 8:51

Capolavoro!

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