Io partirei da qui, da una nota biografica di Philip Ó Ceallaigh che spiega il motivo per cui un autore irlandese sia finito a vivere alla periferia di Bucarest.
“Avevo bisogno di un posto dove fosse economico vivere perché non avevo molti soldi”.
Ecco che quindi Philip Ó Ceallaigh finisce a Bucarest e lì continua a fare la cosa che gli piace di più: scrivere. Credo sia importante partire da questo particolare perché definisce bene anche il tono della raccolta di racconti “Appunti da un bordello turco“. E’ sempre difficile parlare in maniera uniforme di una raccolta di racconti perché spesso le raccolte non sono molto omogenee. Possono esserci racconti che hanno temi affini e altri scritti in momenti diversi che si assomigliano poco. In questa raccolta, a mio parere, lo spirito di una città o meglio, lo spirito dell’incontro tra uno scrittore e una città derelitta sono descritti alla perfezione. Anche se la città non necessariamente è sempre la stessa.
Per dire, io a Bucarest, nella periferia, ci sono stato e leggendo le parole di Philip Ó Ceallaigh non ho faticato un secondo a ritornare con la memoria a quei posti. Se vi raccontassi io i miei ricordi verrebbero posizionati nel settore delle note folcloristiche e i personaggi verrebbero definiti macchiette ed invece, il nostro autore fa qualcosa di perfetto. Racconta.
Racconta la decadenza dei costumi, la decadenza dell’amore e dei rapporti umani, racconta le piccole cose che fanno arrivare alla fine di una giornata e poi ci accompagnano al nuovo giorno (magistrale in questo è il racconto “Nel quartiere” e lo fa senza dispensare giudizi e falsi moralismi. L’occhio dell’autore pare girare un documentario in cui fornisce gli elementi che costituiscono la vita di alcune forme di vita disperate. Sta a noi unire i puntini e far risaltare il quadro generale. Perché, anche se non ce ne accorgiamo immediatamente, c’è un filo che unisce a Romania, gli Stati Uniti e la Turchia.
Ancora una volta il messaggio è lo stesso. Chi non legge racconti si priva di una parte importantissima della letteratura. Chi non legge racconti non potrò fare la conoscenza di questa casa editrice che, pur se nata da poco, ha già in catalogo titoli davvero interessanti. Peccato per chi non legge racconti.
Ed è un ulteriore peccato che sia stato necessario aspettare una decina d’anni prima che questo libro fosse tradotto in italiano, ma allo stesso tempo è un segnale che case editrici come “Racconti Edizioni” ci servono. Servono a scoprire queste piccole perle negli oceani di inchiostro sconfinati. Quando penso al lavoro di ricerca di una casa editrice indipendente penso anche a questo. Alla soddisfazione di poter dare al lettore un libro come “Appunti da un bordello turco”.
P.S non fatevi ingannare dal titolo. Traduzione del titolo originale e anche titolo di uno dei racconti della raccolta. E’ pur vero che l’aspetto sensuale e sessuale viene trattato in già di un momento, ma non è l’aspetto principale.
La traduzione di questa raccolta di racconti è a cura di Stefano Friani che è anche una delle due anime che ha dato vita a Racconti Edizioni. Al di là della traduzione che reputo molto buona, ho visto e sentito la passione con cui si è tuffato in questa impresa. Posso solo immaginare il numero di persone che gli ha sconsigliato di farlo, visto che in Italia, è risaputo, i racconti non li legge nessuno. A me però è parso uno che, sostanzialmente, se n’è fregato dei tromboni.
Philip Ó Ceallaigh
(Waterford, Irlanda) vive a Bucarest da quindici anni ed è diventato scrittore dopo una lunga successione di lavori pagati persino peggio tra Irlanda, Spagna, Russia, Kosovo e Stati Uniti. Nel 2006 ha vinto il Rooney Prize.
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