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Nona Fernández – La dimensione oscura

by Gianluigi Bodi
oscura

La dimensione oscura

Qui da queste parti abbiamo sempre amato Nona Fernández. E per noi ovviamente intendo io. E per sempre ovviamente intendo da quando qualche piccola casa editrice di qualità ha deciso di tradurre le sue opere. Fino ad ora mi ero però cimentato con dei racconti lunghi e un romanzo. Ora le cose sono cambiate e tutto è ancora più terribile.

Diciamolo, anche quando la Fernández si cimentava con la pura narrativa sembrava chiaro fin da subito che quei confini le stessero un po’ stretti. Che cercasse in qualche modo di spingerli un po’ più in là. Che narrasse non solo per il gusto di raccontare una storia, ma anche con la consapevolezza che la parola scritta, quando ti fa abbassare la guardia, permette di far arrivare messaggi vitali.

Stavolta la scrittrice cilena si sposta ancora un po’ più il là e dalla narrativa fa un salto all’interno di quello che si definisce giornalismo narrativo. Uno dei più grandi esempi di questo tipo di opere è “Operazione massacro” di Rodolfo Walsh. Un libro che io ritengo in assoluto un capolavoro del genere. Nona Fernández entra in quel ring, ma non lo fa da semplice sparring partner, lo fa da pura campionessa. Lo fa così bene da farmi dire che “La dimensione oscura” è uno dei libri che dovremo chiamare in causa ogni volta che qualcuno deciderà di confrontarsi con i maestri di questo genere.

La storia è quella purtroppo nota, per cui la accennerò solamente. La dittatura è quella di Pinochet. Le persone scomparse sono uguali in tutto il mondo. Lasciano dietro di sé un vuoto incolmabile. In questo caso però la scrittrice non guarda la storia semplicemente dalla parte delle vittime, ma da voce anche ad uno dei carnefici. Una persona che ha assistito alle torture, che ha memoria dei volti tumefatti, ha il vivido ricordo delle urla nelle orecchie, ha visto spezzarsi dentro ai prigionieri la loro umanità. Ha visto scontri fratricidi, sguardi persi nel vuoto, orrore e disperazione. Ha convissuto con questo pesante fardello fino a che ha dovuto raccontarlo perché non era più possibile tenerlo dentro. Nona Fernández sembra chiedersi se raccontare sia sufficiente per espiare le proprie colpe, sia sufficiente per prendere distacco dal male puro e incontrastato. A cosa pensava l’uomo con i baffi quando i prigionieri venivano condotti in un luogo isolato e finiti con un colpo di pistola? A cosa pensava l’uomo con i baffi quando le macchine della dittatura bloccavano il traffico e lui e i suoi colleghi rapivano un padre di famiglia con un pretesto qualsiasi? A cosa pensava l’uomo con i baffi quando uno dei prigionieri decideva di consegnare i propri compagni di militanza pur di salvare la vita ai propri cari?

La storia si racconta perché questa non sia dimenticata. La storia si racconta soprattutto perché sia possibile rintracciare nel presente le tracce di quanto già successo in passato. La storia non va mai dimenticata, non va sottovalutata, non va data per scontato. La storia è quanto di più prezioso abbiamo per impedire che il male assoluto ritorni tra noi. Nona Fernández questa lezione l’ha imparata bene. E noi?

Davvero ottima la traduzione di Carlo Alberto Montalto


Nona Fernández è nata a Santiago del Cile nel 1971. Scrittrice e sceneggiatrice, ha al suo attivo diversi romanzi, in Italia è stato pubblicato Space Invaders e Chilean Electric (Edicola, 2015, 2017).

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