Quello che non si può dire

by senzaudio

Si torna a parlare di letteratura canonica oggi, spostandoci però lievemente verso un altro punto di vista.

Cosa accade alla letteratura di un paese sotto censura? Per di più: cosa accade quando in un paese sotto censura si vuole tradurre un autore straniero?

Un intero settore letterario, quello dei Translation Studies, si occupa anche di questo, di come cioè i canoni letterari vengano modificati di volta in volta a seconda delle aspettative e delle ideologie del potere vigente e di come di conseguenza i libri debbano essere adattati. Attorno a noi ci sono decine di esempi, ma forse i più lampanti sono quelli del nostro (purtroppo) recente passato.

Pochi giorni fa, durante una lezione universitaria, si è discusso molto di letteratura tradotta sotto il fascismo: cosa si poteva tradurre, cosa non poteva neanche essere preso in considerazione, e cosa invece veniva tradotto e in che modo. Sono emerse notizie decisamente interessanti, quali l’assoluta proibizione, ad esempio, di dotare i personaggi criminali di nomi italiani, nonostante essi si chiamassero Franco o Giovanni nel testo originale. Interi romanzi, magari ambientati in Italia ed aventi come soggetto dei mafiosi, avevano allora Don Sebastian come protagonista, lanciando la fedeltà storica alle ortiche. Tutto ciò per via di un’ovvia (e quanto mai assurda) ragione: non si poteva in alcun modo identificare un uomo del popolo italiano come un malavitoso, pena il buon nome della nazione.

Ma noi italiani non siamo stati gli unici a non esitare a sacrificare nomi e situazioni: molto più recente il caso della censura cinese al riguardo più o meno dello stesso tema. Se un romanzo è ambientato lì, infatti, l’eventuale delitto impunito del testo originale, con l’assassino disperso e il dramma finale, deve invece essere modificato verso una soluzione di punizione.

Di esempi se ne potrebbero fare a decine: ancora in Italia le traduzioni di Agatha Christie prive di suicidi o interi brani espugnati o aggiunti per dotare la narrazione di ben altri significati; dialoghi modificati per via del loro contenuto più o meno osceno e così via, o nell’ex URSS, dove veniva permessa (oltre che la scrittura) solo la traduzione di opere di “realismo sociale”.

Si potrebbe pensare che va bene, queste cose accadevano in passato o che ancora possano accadere solo in nazioni sotto regime dittatoriale. La realtà però non è esattamente così: ancora oggi, in nazioni democratiche come la nostra, non è difficile trovare una parola omessa, il senso di una frase leggermente cambiato, un nome modificato (chissà, perchè troppo simile casualmente ad un altro).

Il canone è ancora forte, e più forte di lui sono i poteri che lo governano.

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