Quando ho iniziato a leggere letteratura latino americana l’ho fatto anche per poter incontrare libri come questo. Anche se all’inizio ho privilegiato scrittori del calibro di Marquez, Borges e Cortazar, con il tempo ho cercato di scavare in profondità. Significava abbandonare la via maestra per inerpicarsi su sentieri brulli e sperduti, a volte scomodi e pericolosi. E’ stato mentre camminavo su uno di questi sentieri che ho incontrato Mariano Azuela e il suo “Quelli di sotto“.

Sur ripubblica un libro dopo un centinaio d’anni dalla sua prima pubblicazione. Mariano Azuela è stato un medico e letterato messicano e credo che questa ambivalenza lo abbia portato a descrivere l’animo umano con poche e decise pennellate. La storia di cui si parla in questo libro è quella di Demetrio Macías, un contadino che lascia moglie e figli per abbracciare la rivoluzione. Macias è visto come un idolo, un eroe della Rivoluzione. Uno spauracchio contro i poteri forti. Quando lui e il suo gruppo arrivano in un paese (fatto che è raccontato all’inzio del libro) i poveri paesani li accolgono con tutti gli onori. Sembrano esseri devoti. Il libro però è diviso in tre parti e nella seconda abbiamo uno scarto in avanti. La Rivoluzione continua, Pancho Villa è sempre davanti agli altri e gli altri cercano di afferrarlo. Purtroppo però c’è una trasformazione. Quando siamo all’interno della guerra c’è sempre un “Noi” e un “Loro” e loro sono i cattivi mentre noi siamo i buoni. Tranne rare eccezioni tutti sono convinti di essere dalla parte della ragione e di combattere per una giusta causa, ma mentre il gruppo di Macias si ingrandisce e accoglie nuove reclute, quella massa informe di rivoluzionari inizia ad assomigliare sempre di più al nemico. Attraversa il paese saccheggiando, portando con sé un bottino di guerra, portando con sé donne e cavalli (sì, accostiamoli, qui in questo libro la donna è vista come e poco più di un accessorio utile e un gioco di piacere).
E’ l’animo umano che prende il sopravvento. Quel concetto per cui se guardi troppo a lungo l’abisso diventi tu stesso abisso e oscurità. Il nobile che viene soppiantato dal meschino. Demetrio Macías non riesce a tenere a bada il gruppo che, infiltrato da personalità grette e viscide contagia anche gli altri.
Il capolavoro poi avviene nella terza parte, il finale. La Rivoluzione cos’è? Cosa è rimasto da affrontare? Pancho Villa cade, Demetrio Macías torna dalla sua famiglia e la moglie gli chiede “Perché combattete adesso, Demetrio?”

Che risposta può dare un rivoluzionario? Qual è la risposta più sensata in questo caso? Una frase che sistemi tutto, che dia dignità ad una lotta e funzioni da carburante per tutti i fuochi che verranno appiccati in futuro?
Demetrio risponde, guardando un dirupo “Guarda quel sasso, non si ferma più…”.
La Rivoluzione ha perso significato, ma Demetrio non può far altro che combattere anche se ormai non sa più quali siano gli ideali che deve difendere, anche se ormai è solo una pedina mossa da qualcuno che sta più in alto e si diverte a far rotolare i sassi giù per il dirupo. Fino a che il sasso si ferma a valle privo di vita.

Mariano Azuela ha una scrittura che ricorda le montagne rocciose. Arida in alcuni punti e ricca di vita in altri. I dialoghi sono essenziali, vanno dritti al punto, sembrano essere violenti pugni allo stomaco. Definiscono i personaggi e le situazioni con pochissime parole.
Menzione speciale per Luis Cervantes, personaggio del libro e vero e proprio alter ego dello scrittore. Prima fa parte dei federali, poi, disilluso dalla politica, si unisce ai rivoluzionari. In realtà lui sembra essere distaccato da tutto e tutti, sembra perseguire uno scopo proprio.

Questa riedizione è sotto la curatela di Raul Schenardi che a mio parere ha fatto un ottimo lavoro, ma non poteva essere altrimenti.

Commenti a questo post

Articoli simili

Leave a Comment