La sparizione dei brutti

by senzaudio

Lascia o raddoppia Mike e Totò

Mike e Totò

Me la immagino come me l’hanno raccontata da bambino. La scena è la stessa settimana dopo settimana. I contadini accorrono da tutte le parti del paese, si mettono il vestito meno peggio, sfidano il freddo invernale e la nebbia e prendono d’assalto quei pochi locali pubblici che hanno a disposizione un televisore. Quello dove andavano i miei nonni era una locanda. E’ il 55 e la gente si radunava al cospetto della Televisione, così nuova e così piena di fascino. Dispensatrice di sogni, di illusioni e di sogni, una via di fuga o semplicemente un modo per rendere più dolce la risalita economica. Dall’altra parte dello schermo Mike Bongiorno conduce Lascia o Raddoppia?, persone comuni con interessi quasi maniacali sfidano gli autori del programma per portarsi a casa il montepremi. Già, persone comuni. Un po’ impacciati, non sempre dotati di buone maniere, a volte simpatici, spesso supponenti e soprattutto nella media. Alcuni belli e alcuni brutti. Come la gente che trovi uscendo di casa per andare a fare la spesa o come il tizio che ti fa il pieno alla macchina. E’ forse questa la chiave che fa entrare Lascia o Raddoppia? nel cuore degli italiani, quella sensazione di vedere in TV le gesta di un parente, di un amico fraterno, di qualcuno che ti pare di aver visto sulle strisce pedonali mentre aspettavi al semaforo, di un altro sé stesso.

Continuo a ripetermelo a mezza voce: Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace. C’è la TV accesa su un canale sportivo, la giornalista (bella con la sua mise stile Jaqueline Kennedy) parla, dietro di lei un muro di schermi televisivi sintonizzati su altri canali. Le immagini sono piccole, ma abbastanza nitide. Ogni schermo riproduce un volto diverso, ma se non li si guarda bene si fa fatica a distinguerli. Sembrano tutti bellissimi.
Ed è così che guardando a spizzichi i giochi a premi televisivi moderni, mi assale forte la sensazione che le persone comuni non ci siano più e che i brutti (almeno quelli che io considero tali) siano stati epurati a scapito di una colonia di belli e bellocci tutti molto simili l’uno con l’altro. Magari quello che è brutto per me non lo è per voi, ma il concetto non cambia, qualcuno di brutto, se cercate nella vostra vita, lo trovate. Per voi, il brutto, potrei essere io.

Che sia colpa mia? Che, con il passare degli anni, l’invecchiamento e il relativo decadimento delle cellule celebrali mi abbia portato ad avere gusti meno selettivi? Forse sono diventato di bocca buona e nemmeno me ne sono accorto.

E se invece fosse tutto merito del trucco?
Ma certo, anni e anni di sperimentazioni e di progresso nel campo del Make Up hanno reso facile ciò che un tempo era quasi impossibile. Rendere belli anche i brutti.

O magari si tratta semplicemente di una questione di casting. L’idea che mi sono fatto, e che non è nemmeno lontanamente vicina ad una verità che possa provare, è che durante i casting la selezione dei partecipanti ai concorsi non venga fatta sulla base dell’effettiva abilità del concorrente, ma più sull’impatto visivo. Mi è stato poi riferito che può succedere che passi in secondo piano una risposta errata durante il casting se il concorrente dimostra di poter essere un personaggio in grado di facilitare il compito del pubblico di empatizzare con lui. In pratica, se anche non sai rispondere, ma sei simpatico, hai maggiori possibilità di venir scelto che se tu fossi preparato, ma taciturno e spento.
E allora qui mi sembra di ritornare alla solita legge della domanda e dell’offerta. I telespettatori non hanno più voglia di vedere dall’altra parte dello schermo qualcuno che gli assomigli, perché rischierebbero di riflettere sulla situazione in cui si trovano. Non vogliono vedere il vicino, perché sanno che il vicino ha un contratto da precario da otto anni e non ci sono prospettive di assunzione. Non vogliono vedere il parente perché il parente è stato licenziato da poco a causa della chiusura di una fabbrica. Non vogliono vedere sé stessi perché ne hanno abbastanza.
Vogliono signori di mezza età che nella vita hanno fatto i manager o i dirigenti e che ora si godono la pensione. Vogliono ragazzini e ragazzine ventenni con vestiti succinti che ricordino loro quello che significava essere giovani e sperare che il futuro sia roseo. Vogliono immagini positive, personaggi per cui parteggiare, vogliono infilarsi in un tunnel di talent e reality perché nel tunnel ci sarà pure meno luce, ma se ti attrezzi per bene, uscire, potrebbe non essere più necessario.

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