Home Inchiostro - Recensioni di libri indipendenti e non. Giovani privi di sensibilità? Oso dire di no

Giovani privi di sensibilità? Oso dire di no

by senzaudio

Estate nel cuore, non nell’aria. Un momento di vita vissuto trattenendo il fiato per riprenderlo al di là degli scogli, in mare aperto, non vicino alla riva.
E’ proprio quello, il tempo intermedio in cui non si hanno più le carte in regola per esser definiti adolescenti e in cui si allontana dal proprio sè, in modo categorico, la consapevolezza d’esser ormai all’alba d’un giorno nuovo che ha il merito-demerito di render ‘grandi’, il periodo più gravoso della propria esistenza.

E mentre tutti si affannano a cercare il lessico giusto per descrivere lo ‘Sturm und drang’ tipicamente adolescenziale, mentre ci si interroga per trovare un più adatto modo di rapportarsi alla volubilità emotiva e fisica che rende i ragazzi dai 12 ai 17/18anni dei fili d’erba mossi dal vento, chi si ferma a pensare a quello che segue all’adolescenza?
Cosa succede il giorno dopo la tempesta? E’ davvero quello il momento in cui giunge la quiete?
Si esce davvero dal tunnel dell’adolescenza con un senso di sé consolidato e la consapevolezza del proprio ruolo nel mondo?

Intendo puntare il mio focus su quella fase della vita in cui non si è più legittimati ad esser irrazionali e incoerenti. Mi riferisco a quella tarda adolescenza, ormai età adulta in cui, a mio parere, sopraggiunge la vera crisi d’identità.

Si fa presto a dire che oggi i giovani sono privi di sensibilità, risucchiati in un sistema che azzera le relazioni interpersonali e giustappone a queste uno schermo laddove un tempo s’incontrava un volto, si sfiorava una mano.

Mi perdonerà qualcuno se oso distaccarmi da questa condivisa riflessione.
Non s’è perduto nessun senso delle cose, piuttosto non ci si confronta più.
Nessuno chiede a Rita, bambina di cinque anni, se ha voglia di fare un disegno.
Magari lei non si annoierebbe affatto ad usare un foglio di carta e delle matite colorate per disegnare una casetta, un albero ed un sole, ma la zia le ha insegnato ad usare l’ipad, perch’è più divertente.
Ma secondo chi? Dal punto di vista di chi tenere fra le mani quell’aggeggio elettronico è più interessante che pasticciare coi colori veri e propri?

Fa sempre ed ancora una volta comodo dire che non solo i bambini, ma anche i ragazzi di quest’età ancor più ardua dell’adolescenza e di cui parlavo prima, non hanno più valori, impegnati come sono in un fare farneticante che non porta a nessun agire.

Oggi parlo con Alessandra, diciotto anni e Marta, venti.
Le loro vite mi sembrano l’antitesi dell’ormai psicosi collettiva per cui si sa che “sta gioventù non serve”.

Alessandra è equilibrio e misura.
Ha mostrato la sua fragilità diverse volte ma mai in occasioni poco pregnanti, mai per indizi sparsi che non avrebbero mai costituito una prova.
Ha sempre posto l’immagine di sé in pondus tra i suoi ‘mi sembra giusto’ e ‘penso sia meglio’.
Ha un iphone, veste spesso in modo da esaltare le caratteristiche che le appartengono ma mai in modo indecoroso.
Studia giurisprudenza e le piace divertirsi, andare a ballare e volte addirittura dirsi d’esser ubriaca di felicità e auto convincersene.
Non trovo che la prima proposizione del periodo precedente a questo dovrebbe essere unita alla seconda con una congiunzione avversativa, eppure secondo qualcuno sarebbe più corretto asserire che Alessandra ‘studia giurisprudenza, sembra una ragazza seria MA va in discoteca, sta sempre a tener d’occhio il cellulare ed è dipendente dai social network’.

Marta studia farmacia ma fuma, è impulsiva e si esprime in modo talvolta colorito.
Ha una grande sensibilità ma non è facile coglierla perché si cade facilmente nella trappola che lei stessa tende a se stessa, auto dipingendosi come un vulcano esploso, del quale non si può tenere in mano la lava incandescente.

Le loro storie sono comuni a molti altri ragazzi ma sapreste voi dirmi di quale periodo storico?
A mio parere no, l’Alessandra o la Marta di oggi si riflettono in quelle di ieri e si rischia di fare l’errore opposto a quello di Narciso: ci si specchia e ci si identifica con chiunque.

Alessandra, Marta, Erika, Marco, Francesca, Raffaella, Giulio, Martina, Carlotta, Silvia, Matteo, Carmen non hanno bisogno d’esser difesi perché sono loro stessi a porgere i fatti a chi ritiene che i ragazzi d’oggi siano tutti “fatti”. Ed intanto l’estate non mancherà, neppure quest’inverno, perché “la luna cresce, decresce, ci somiglia”.

Commenti a questo post

Articoli simili

Leave a Comment