Fa male, fa malissimo. Nel giorno in cui la Gazzetta dello Sport, il primo quotidiano sportivo d’Italia, apre in prima pagina con Vincenzo Nibali ed il suo trionfo nella cronoscalata di Polsa invece che del solito calciomercato fatto di nomi e di fantasie pallonare. Danilo Di Luca ci è ricascato. Doping, EPO, un controllo a sorpresa. Aggiungiamoci che la tappa di oggi, dopo 24 anni dall’ultima volta, è stata annullata per maltempo. Non il miglior giorno per il ciclismo e per il Giro d’Italia.
Danilo Di Luca è un personaggio strano: di lui si diceva che, da giovane, stringesse accordi economici con altri corridori in fuga per potersi aggiudicare la vittoria. Da vecchio, perchè ormai ha 37 anni, si può dire di lui che sia unicamente un dopato. Per la seconda volta, peraltro. La prima fu nel 2009, positivo al CERA. “Se anche le controanalisi dovessero confermare la positività, smetterò di correre“. Eppure, era ancora qui.
Aveva firmato il contratto il 26 aprile, dieci giorni prima dell’inizio della corsa, con la Vini Fantini: in coppia con Stefano Garzelli, un duo vintage vincitore comunque di due Giri d’Italia e capace di poter dare lustro agli sponsor di squadra in qualche tappa. Invece no, Giro incolore per entrambi: Garzelli 110° a oltre due ore e mezza, Di Luca 26° a 33 minuti da Nibali. Doping per restare tra i primi 30, mica per la lotta al successo finale. Roba da pazzi, mi ricorda Riccò che si faceva le trasfusioni da solo e per poco non ci rimaneva.
Adesso il Coni faccia fuori per sempre Di Luca dal ciclismo professionistico, altro che sconto di pena di 9 mesi per aver collaborato (in cosa, poi? verrebbe da dire). Ma perchè? Cioè, mi chiedo: che senso ha, dopo esser stati beccati già una volta (ed aver mostrato poca coerenza annunciando il ritiro nel 2009), cadere un’altra volta nel tranello del doping? “Non è vero che bisogna doparsi per vincere, chi nasce campione resta campione, chi nasce gregario resta gregario“, frase dello stesso Di Luca dopo la riduzione della squalifica alla quale è difficile credere, ora.
Mi ricordo un vecchio post su Senzaudio dopo la vicenda del dottor Fuentes, sullo sguardo che avrei potuto avere nei confronti dei ciclisti in vista dell’inizio del Giro d’Italia qui a Napoli. La sera della presentazione ufficiale capitai nell’albergo che ospitava la Vini Fantini e la Androni-Giocattoli. Strinsi la mano a Danilo Di Luca, mi era sembrato quello che vinse il Giro del 2007. Mi sbagliavo.