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Benvenuti in Italia, dove l’indignazione va di moda

by senzaudio

A volte si ha l’impressione che certe cose possano solamente succedere in Italia, il Paese delle meraviglie per dirla alla Crozza.”Benvenuti dove l’impossibile diventa possibile” o per essere internazionali e far capire che un po’ di inglese lo mastichiamo: “Welcome to Italy, where the impossibile happens” potrebbero essere le diciture da mettere ai cartelloni presenti ai confini, oppure un nuovo slogan pubblicitario per attirare i turisti.

Già, certe cose in Italia succedono. A Milano, i negozi, pardon boutique, di Dolce e Gabbana sono rimaste chiuse per tre giorni, da venerdì 19 a domenica 21 luglio. “Chiuso per indignazione. Closed for indignation”. Stefano Dolce e Domenico Gabbana, quindi, sono talmente indignati da chiudere i negozi a Milano. Cosa è successo? L’iniziativa è una reazione all’affermazione dell’assessore al Commercio Franco D’Alfonso, colpevole di avere dichiarato nei giorni precedenti: “Non bisognerebbe concedere spazi simbolo della città a personaggi famosi e marchi vip che hanno rimediato condanne per fatti particolarmente odiosi in questo momento di crisi economica come l’evasione fiscale”. Avrà detto una falsità, avrà forse diffamato i due stilisti e con loro uno dei marchi più famosi al mondo? No, niente di tutto questo. Lo scorso 19 giugno, il Tribunale di Milano, ha condannato Dolce e Gabbana per un anno e otto mesi per una presunta evasione fiscale da circa un miliardo di euro. Sì, un miliardo, mica noccioline.

Per carità, il principio della presunzione d’innocenza vale e siamo al primo grado di una vicenda che avrà ancora diversi strascichi fino a che la Cassazione non porrà la parola fine. Ci vorranno quindi anni. conoscendo la velocità della nostra Giustizia, altra meraviglia tipicamente italiana.

Insomma, l’assessore ha peccato di imprudenza, ma la reazione di Dolce e Gabbana è certamente esagerata, spropositata e fuori luogo. Al momento, a essere indignati dovrebbero essere quei cittadini italiani che pagano regolarmente le tasse. Al momento, sì, perché la questione è lontana dall’essere chiusa, ma indignarsi per una affermazione, quando si è stati finora ritenuti colpevoli di evasione fiscale per 1 miliardo, è ridicolo.

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