Home Inchiostro Fresco - Recensioni di libri letti da Gianluigi Bodi David Markson – L’amante di Wittgenstein

David Markson – L’amante di Wittgenstein

by Gianluigi Bodi
L'amante di Wittgenstein, David Markson, Black Coffee, Clichy Edizioni,

Leggere “L’amante di Wittgenstein” di David Markson è come fare un giro sulle montagne russe. Anzi, come prendere la residenza sulle montagne russe. Ogni frase spiazza, per quello che racconta, per quello che dice e non dice. Ogni frase spiazza perché è messa nel posto sbagliato o nel posto giusto (questo poi lo deve capire il lettore con la propria sensibilità).

Leggere “L’amante di Wittgenstein” significa fare due passi avanti e uno indietro, significa andare di lato a destra e poi in obliquo a sinistra. E’ abitare l’ascensore di Willy Wonka (quello del film originale con Wilder, non il remake tremendo con Depp).

Lettore che hai anche il vezzo di scrivere. Devi essere consapevole che mai nella tua vita potrai imitare lo stile di David Markson. Sarebbe una pessima idea. Nessuno al mondo potrebbe permettersi di scrivere un libro di 269 pagine in questo modo frammentario. Eppure, da questi frammenti, nasce qualcosa. Come un enorme mosaico dai colori sgargianti o una vetrata di una chiesa in vetro e piombo da cui entra una luce colorata bellissima.
Quello che Markson fa, a mio parere, non è raccontare la schizofrenia. “L’amante di Wittgenstein” è l’essenza della schizofrenia. E’ puro distillato di delirio. Quando inizi a leggerlo hai l’impressione che non reggerai. Poi sei già a 50 pagine, che diventano 100 e senza che te ne accorgi stai già masticando il saggio di David Foster Wallace.
Ecco, lettore mio, c’è un saggio di DFW che questo libro lo adorava. Fidati di lui se non ti fidi di me, io non mi offendo. Io ho letto questo libro e non ho molto motivi per dirti di farlo a tua volta. Se non forse un paio.

Markson è un fottuto genio che ha spinto la scrittura in una direzione poco esplorata e ha scritto un libro intenso e straordinario.
Infine, “L’amante di Wittgenstein” non può nemmeno essere giudicato per la trama, deve essere giudicato sotto altri parametri. Dentro vi ci troverete una continua esplosione di contenuti. Se provoca nelle vostre teste quello che ha provocato nella mia possiamo sballarci assieme di Markson.

Questo è l’ultimo libro della collana Black Coffee. Le due persone che la gestivano, Sara Reggiani e Leonardo Taiuti, hanno lasciato Clichy qualche mese fa per dedicarsi ad un progetto solista che li vedrà, molto presto, di nuovo alle prese con i libri di qualità. Black Coffee è morta, viva Black Coffee.

Per inciso, la traduzione è di Sara Reggiani, verrebbe da chiederle come è riuscita a mantenere una certa sanità mentale. Gran bel lavoro.

 

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