Home Inchiostro - Recensioni di libri indipendenti e non. Calabrese e squilibrato. Il peggio del giornalismo

Calabrese e squilibrato. Il peggio del giornalismo

by senzaudio

Per essere stati sul pezzo, questa  volta lo sono stati. Si era in diretta, tutti collegati col Quirinale per il giuramento del governo, quando arriva la notizia: sparatoria davanti a Palazzi Chigi, carabinieri feriti. sparatoria

E’ uno choc, tremendo. Telecamere e giornalisti si spostano sul luogo della sparatoria, arrivano le prime ricostruzioni dei fatti. Inizia così il Festival della notizia, mentre, paradossalmente, a Perugia si svolgeva quello sul giornalismo.  Bene, eccezioni a parte, si è fatto il contrario di quello che giustamente si predicava, di quanto si legge sui manuali e viene insegnato nelle redazioni.

In una straordinaria gara a chi dava la notizia per primo, si è letto, visto e sentito di tutto e di più. Il mestiere di giornalista è tremendamente complicato, soprattutto quando i fatti si stanno svolgendo mentre sei davanti a una telecamera o in collegamento telefonico. Perché? Semplice, non puoi controllare, verificare la veridicità della notizia stessa. Per questo, esistono le redazioni. Eppure, nell’arco di pochi minuti l’uomo che ha sparato è stato prima un magrebino, poi è diventato uno squilibrato con l’aggiunta di essere calabresespa.  Una insensata insistenza sulle sue origini – se fosse stato milanese, valdostano, veneto avremmo insistito sulla provenienza? -. un tentativo di rassicurare con l’aggettivo squilibrato. E sì, perché se chi spara è uno folle, pazzo, fuori di testa, possiamo stare tutti più tranquilli. In questo festival, non bisogna dimenticare le varie versioni del cognome dell’uomo.

Infine, le fotografie. L’immagine del povero carabiniere a terra con un buco nella gola aggiunge qualcosa ai fatti? E’ giornalismo mostrarla con insistenza, metterla in homepage? C’è rispetto per i parenti? La risposta ci pare essere una sola: no.  Il peggio, però, arriva con l’assedio ai familiari dell’uomo che ha sparato, con la sciagurata e amorale intervista al figlio dodicenne in barba a tutti i codici etici (La Carta di Treviso) che si è dati.

Di certo, col passare del tempo, ci auguriamo che il mondo del giornalismo possa riflettere su quanto ha messo in mostra.

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1 comment

Emiliano 30 Aprile 2013 - 8:31

C’è un vecchio barbuto over 60 che combatte una lotta ormai da anni contro una classe una casta che andrebbe riformata da cima a piedi. Essere sovvenzionati da stato e pubblicità dei facoltosi non permette di avere redattori e direttori liberi e sobri, non permettere di avere giornalisti pronti motivati e organizzati e infine non permette di garantire un’informazione di qualita’.. Ma garantisce solo una rincorsa allo scoop e alla bugia meno falsa.
I veri giornalisti ora sono quelli che aprono dei blog tipo i vs e nn prendono soldi.. Il resto ormai purtroppo è noia.

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