Per essere stati sul pezzo, questa volta lo sono stati. Si era in diretta, tutti collegati col Quirinale per il giuramento del governo, quando arriva la notizia: sparatoria davanti a Palazzi Chigi, carabinieri feriti.
E’ uno choc, tremendo. Telecamere e giornalisti si spostano sul luogo della sparatoria, arrivano le prime ricostruzioni dei fatti. Inizia così il Festival della notizia, mentre, paradossalmente, a Perugia si svolgeva quello sul giornalismo. Bene, eccezioni a parte, si è fatto il contrario di quello che giustamente si predicava, di quanto si legge sui manuali e viene insegnato nelle redazioni.
In una straordinaria gara a chi dava la notizia per primo, si è letto, visto e sentito di tutto e di più. Il mestiere di giornalista è tremendamente complicato, soprattutto quando i fatti si stanno svolgendo mentre sei davanti a una telecamera o in collegamento telefonico. Perché? Semplice, non puoi controllare, verificare la veridicità della notizia stessa. Per questo, esistono le redazioni. Eppure, nell’arco di pochi minuti l’uomo che ha sparato è stato prima un magrebino, poi è diventato uno squilibrato con l’aggiunta di essere calabrese. Una insensata insistenza sulle sue origini – se fosse stato milanese, valdostano, veneto avremmo insistito sulla provenienza? -. un tentativo di rassicurare con l’aggettivo squilibrato. E sì, perché se chi spara è uno folle, pazzo, fuori di testa, possiamo stare tutti più tranquilli. In questo festival, non bisogna dimenticare le varie versioni del cognome dell’uomo.
Infine, le fotografie. L’immagine del povero carabiniere a terra con un buco nella gola aggiunge qualcosa ai fatti? E’ giornalismo mostrarla con insistenza, metterla in homepage? C’è rispetto per i parenti? La risposta ci pare essere una sola: no. Il peggio, però, arriva con l’assedio ai familiari dell’uomo che ha sparato, con la sciagurata e amorale intervista al figlio dodicenne in barba a tutti i codici etici (La Carta di Treviso) che si è dati.
Di certo, col passare del tempo, ci auguriamo che il mondo del giornalismo possa riflettere su quanto ha messo in mostra.