Paratesto:
Inizi a leggere, magari non è stata nemmeno una buona giornata, il treno è in ritardo, è pieno zeppo di personaggi sudaticci e di scarsa igiene, fuori piove che Dio la manda, hai dei lavori da fare in giardino, ma se piove non puoi, allora ti siedi sulla poltrona, tuo figlio è lì che gioca con il camioncino parlante e tu ti lasci trascinare dentro la storia di Arturo Zarco. E da quel momento te ne fotti di tutto il resto, tranne di tuo figlio, che ti guarda e sorride. Chiudi il libro e ti metti a giocare con lui, perché Zarco ora è un tuo amico e ti aspetterà. Anche lui sa che la vita è fatta di priorità e la tua ha gli occhi azzurri e un sorriso che ti scioglie il cuore.
Testo:
Arturo Zarco è un detective, ma non sembra. Arturo Zarco è uno di quelli che viene pagato per risolvere enigmi, eppure, ai miei occhi è egli stesso un enigma. Se fosse un amico gli consiglierei lunghe sedute di psicanalisi, gli consiglierei di farsi vedere da uno bravo. Eppure, non c’è via di scampo, del personzaggio Zarco ci si innamora. Marta Sanz, l’ennesima nuova scoperta letteraria di cui ora non voglio più fare a meno ha creato, modellato, un personaggio assurdamente magnetico. Zarco, con le sue fobie, le sue paturnie e sì, anche con la sua omossesualità ed il gusto per gli efebi, è tutto il contrario di ciò che uno si aspetterebbe dalla figura del detective. Ecco, se avete in mente Raymond Chandler e il suo Philip Marlowe siete davvero lontani e a questo punto non saprei se consigliarvi di stare distanti da “Un buon detective non si sposa mai” oppure tuffarvici dentro per scoprire qualcosa di nuovo e rinfrescante. In realtà, so cosa consigliarvi, fatevi trascinare dalle elocubrazioni del buon Arturo, anche le vostre paranoie sembreranno sminuite in confronto alle sue.
Mentre leggevo questo libro mi tornavano in mente le gesta di un altro investigatore spagnolo atipico, Ceferino del connazionale (della Sanz) Eduardo Mendoza. In questo caso il detective viveva in un manicomio e aveva evidenti problemi mentali e la cosa strappava più di una risata. Nel caso di Zarco invece, le turbe psicologiche sono più sottili, un dialogo mentale quasi costante con la zoppa assente, che poi sarebbe Paula la sua ex moglie, la paura di essere letto dentro, l’insicurezza e il carattere tendente al debole.
La trama del libro gira tutto attorno alle vacanze di Zarco, perché anche i detective si concedono un po’ di pausa. Zarco viene invitato da una vecchia amica a trascorrere alcuni giorni nella casa della vecchia Amparo, la matrona. Qui, circondato da personaggi mai banali, da un albero genealogico che prevede per le donne della casa di dare alla luce sempre due gemelle identiche e dal sospetto che la presenza della vecchia Amparo non sia poi tanto presente, ecco che si svolge l’enigma a cui Zarco arriverà a capo tra mille evoluzioni e circonvoluzioni. La via per arrivare alla soluzione è tutto tranne che diretta.
La scrittura di Marta Sanz non è mai scontata, intreccia a meraviglia la descrizione dell’attimo in cui vive Zarco e della dimensione parallela che si svolge nel suo cervello. E’ una scrittura ricca, densa e spaventosamente piacevole da leggere. La Sanz scrive in maniera calda e avvolgente, dipinge con maestria la psiche del protagonista facendocelo amare alla follia. Immagino però che al traduttore si siano presentati non pochi problemi.
Contesto:
Avendo già tessuto le lodi delle Edizioni Nutrimenti in più di un’occasione, mi trovo in difficoltà. Non so cosa aggiungere a tutto ciò che ho già detto per non sembrare ripetitivo. Allora, ho deciso di considearare tutto il pacchetto.
Quando prendo in mano un loro libro, la copertina aderisce perfettamente ai miei palmi, le pagine scivolano dolcemente sotto ai miei polpastrelli e l’occhio corre veloce e sicuro seguendo i caratteri chiari e puliti. L’esperienza di lettura è piacevolissima, qualsiasi sia il titolo proposto. Poi, succede che pubblichino cose che a me piacciono molto per cui l’adesione tra contenuto e contenitore è sincronizzata. In una libreria ci starebbero bene tutti i loro libri in fila. Intendo nella mia libreria.
Marta Sanz (Madrid, 1967) è scrittrice colta e poliedrica, con più di dieci libri all’attivo tra romanzi, raccolte poetiche e saggi. Ha vinto il premio Ojo Crítico de Narrativa con Los mejores tiempos (2001) e il premio Tigre Juan per Daniela Astor y la caja negra (2013). Con Susana y los viejos (2006) è stata finalista al premio Nadal. Scrive di cultura e viaggi per El País, per Público e per la rivista El Cultural del quotidiano El Mundo. Fedele a un’idea civile di letteratura (“Il compito di uno scrittore è vedere, sentire, e non tacere”), è considerata una delle voci più originali e ambiziose della Spagna contemporanea.
L’Italia è un paese in cui se nasci e ti fai conoscere con un ruolo, appena provi a fare il salto, la gente ti guarda male. Raccomandato, pretenzioso, esagerato sono solo alcuni dei commenti che sento. Io Luigi Scaffidi l’ho conosciuto come adetto stampa, è a lui che segnalo le recensioni che faccio sui libri Nutrimenti, ed è sempre stato molto cortese, quando in realtà avrebbe anche potuto sbattermi la porta in faccia. Stavolta però, Luigi, lo trovo nella veste di traduttore. Marta Sanz è una sua scoperta, dovuta ad un colpo di scouting illuminato. Se potete leggere le avventure di Arturo Zarco lo dovete a lui e al suo intuito. Soprattutto, però, lo dovete al fatto che dopo aver scopeto l’accoppiata Sanz/Zarco si è messo pure a tradurla in italiano. E per quello che mi riguarda, come traduttore ci sa fare.