Paratesto:
Non lo so, quando mi si mette in modo l’empatia inizio a non capire più nulla. Mi soffermo sui particolari, rifletto, cerco di entrare in un’altra epoca, in altri panni e cerco di capire. E’ una sorta di macchina del tempo, immagino. Oggi mi soffermo sui bambini che giocano, sulla copertina di “Autunno Tedesco” e penso che il loro sia un sorriso forzato, magari di sfida verso le avversità della vita. Perché non ho altra speranza che immaginare che chi soffre abbia modo di passare la bufera indenne. Soprattutto un bambino.

Testo:
Serviva uno scrittore, per giunta Svedese, non serviva un giornalista. Un giornalista, nella maggior parte dei casi, fa domande. Non riesce ad entrare completamente dentro le situazioni che intercetta. Uno scrittore invece, se è un bravo scrittore, è maestro a descrivere l’animo umano, coglie degli aspetti che sfuggono all’essere umano medio. Stig Dargerman è stato un grande scrittore, uno dal futuro roseo che ha deciso che del futuro non sapeva che farsene.
Autunno Tedesco” è  un reportage che racconta quello che è successo in Germania dopo la liberazione da parte degli alleati. Ora, è evidente che il Nazismo ha prodotto degli effetti devastanti sull’umanità, ritengo inoltre che l’operato di Hitler abbia cambiato profondamente il corso della storia che ora sarebbe potuta essere diversa da come la stiamo vivendo. Quello che spesso sfugge alle analisi, quello che molti non raccontano è che la “punizione” inflitta dagli alleati al popolo sconfitto ha, appunto, colpito un popolo nella sua interezza affossandolo. Dagerman riesce a raccontare questa desolazione con una maestria immensa, riesce a descrivere il dolore che ha afflitto un popolo e il senso di ingiustizia che ha provato. Perché ingiustizia? Perché per sanzionare chi ha commesso dei crimini atroci si è, paradossalmente, colpito anche chi durante il furore Hitleriano aveva opposto resistenza. Nella rete alleata sono finiti tutti, indistintamente. E, la cosa ancora più incredibile, Dagerman descrive come i ricchi che hanno fatto la fortuna durante il Nazismo siano riusciti a mantenere la posizione di privilegio anche dopo la caduta del Terzo Reich.
Quello di Dagerman è un reportage che parla di lotta tra poveri, mediamente poveri, poverissimi; persone che vagano per le città in rovina dopo i bombardamenti in cerca di una patata da mangiare o anche solo di un posto dove restare a riparo. Persone che rimangono bloccate per giorni, in un vagone che lascia passare la pioggia, stretti come bestie, dimenticati, scomodi al potere.
E allora? E allora non lo so. So che qualcuno di voi, leggendo queste mie parole, storcerà la bocca e dirà con convinzione che la Germania si è meritata tutto questo, che hanno iniziato loro, che la miseria e la povertà sono il minimo contrappasso per tutto il dolore che Hitler ha causato.
Ebbene, io pensavo che ci fossero zone nere e zone bianche. Pensavo che al crimine spettasse una punizione. Ma ragionavo sulla base di entità uniche e indivisibili. La Germania ha causato, la Germania ha pagato.
Ho però ora l”impressione, dopo aver letto Dagerman, che le zone siano diventate tutte grigie. Sono forse più quelli che hanno pagato di quelli che hanno causato.
Leggetelo, vi aiuterà a pensare alle cose con una prospettiva diversa, magari non vi smuoverà dalle vostre posizioni, ma secondo me qualche crepa la creerà.

Coordinate:

Lindau ha recentemente festeggiato i 25 anni di attività. 25 anni, in un campo complesso come quello dell’editoria indipendente sono un traguardo ragguardevole. Ecco che per festeggiare questo importante anniversario, l’editore si regala una nuova collana di narrativa dal nome evocativo di “Senza frontiere“. Credo sia interessante riportare uno stralcio della lettera con la quale l’editore presentava al pubblico dei lettori la nuova collana.

«Senza frontiere» – questo è il titolo della nuova collana – significa almeno due cose diverse: innanzitutto l’apertura a tutte le lingue, le culture, le esperienze capaci di interrogare e arricchire la nostra contemporaneità; e poi la volontà di ignorare le fittizie barriere dei generi o degli stili per valorizzare soltanto la capacità di costruire una narrazione forte e onesta, in grado di bucare lo schermo opaco della nostra indifferenza di lettori sempre più compromessi con una narrativa di facile consumo.
Non ci interessano gli sperimentalismi fine a se stessi, ma neppure i testi il cui solo fine è stupire il lettore con «effetti» sempre più forti o blandirlo con storie facili e superficiali.
La lettura, per noi, deve restare un’avventura aperta all’imprevedibile, talvolta scomoda, ma capace di lasciare un segno nella memoria e, perché no?, nella vita di chi la pratica.

Stig Dagerman viene riportato alla luce con questa seconda edizione targata Lindau. La prima era uscita qualche anno fa in un’altra collana, ma ora ritengo che abbia trovato la collocazione giusta ed è un piacere poter rileggere Dagerman e poterlo omaggiare a 60 anni dalla sua prematura scomparsa. Ecco alcune note biografiche direttamente dal sito dell’editore.
Stig Dagerman nasce ad Älvkarleby, in Svezia, nel 1923. Attivo antinazista fin dall’adolescenza, collaborò con il giornale dei giovani anarchici «Storm» e quindi al quotidiano «Obertaren», dove scrisse di vari argomenti e soprattutto di cinema. Richiamato nell’esercito nel 1943, cominciò in questo periodo a scrivere il suo primo romanzo Il serpente (1945). Il 1946 fu l’anno del suo secondo romanzo, L’isola dei condannati, mentre nel 1947 diede alle stampe Autunno tedesco e la raccolta di racconti Giochi nella notte. Nel 1948 pubblicò il romanzo Ragazzo bruciato e nel 1949 la sua ultima opera, Le pene delle nozze. Si suicidò il 3 novembre 1954.

La traduzione a cura di Massimo Ciaravolo è impeccabile, davvero, è stata una lettura difficile sotto molti punti di vista, ma sicuramente non per la traduzione.
Il volume è a cura di Fulvio Ferrari.

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