Home Inchiostro - Recensioni di libri indipendenti e non. Adrian Mutu. La minima discrezione nel rompere lo schema. Parte seconda di tre.

Adrian Mutu. La minima discrezione nel rompere lo schema. Parte seconda di tre.

by senzaudio

di Giacomo Scutiero (@SCUtweet)

La prima parte della storia di Mutu si trova a questo link.

VATICANO MOZZAFIATO

Prima di cambiare paese e raggiungere l’Inghilterra, si diverte con molta potenza e poco controllo. Fino a che sotto la pioggia di Londra conosce Consuelo, seconda e attuale consorte. Lei fa shopping con scollatura vertiginosa, trent’anni e fisico da farti respirare poco; la mattina, però, indossa un tailleur nero lungo fino al polpaccio. È figlia di politici, ha studiato amministrazione d’impresa e ben raccomandata è riuscita a diventare ministro consigliere in Vaticano. La domenica in casa Mutu? Sacra, per accezioni diverse: lui gioca in campionato, lei si occupa delle figlie Adriana e Maja, le prime due piccole Mutu dopo il maschio della prima relazione.

IL PUPILLO DI ABRAMOVICH JR.

Nel 2003 il piccolo Chelsea viene acquistato dal milionario russo Abramovich; Mutu è un giocatore di livello e uno più uno fa l’affare dell’estate. Un’offerta che non si può rifiutare, per il romeno più costoso della storia. Il rapporto col capo è ottimo, raccomandato dal figlio di Abramovich che elegge Mutu suo giocatore preferito.

Si diverte molto in campo all’inizio, dopo inizia soprattutto fuori: “Quando cominci ad esagerare, in campo il fisico non regge”.

Oltre Manica non perde il vizio di presentarsi con personalità: Veron e Lampard non sono felicissimi della regola sul calcio di punizione che diventa roba sua, ma così sarà.

Primo anno eccellente a Londra, in dote una semifinale di Champions: contro il Monaco di Deschamps e Morientes, non basta un capolavoro di Gronkjaer per andare in finale a Gelsenkirchen dove trionfa Mourinho. Dodici mesi dopo c’è poco da dire e da mostrare. Mutu in campo per due giornate e fuori per sette mesi: la cocaina è negativa per lui e il Chelsea, positiva per i controlli antidoping.

L’innamoramento di Consuelo avviene in questa fase. A Londra aveva abbozzato qualche amicizia, che si dimostra d’interesse appena saputo il fatto della droga. Quando lei gli chiede “Cosa fai nella vita?”, lui risponde “Niente”. Consuelo crede da subito al racconto di Mutu, non fa domande e non indaga sulla cocaina. Uno dei tanti paradossi della vita di Adrian è il papà di Consuelo: il suocero è ministro dell’Educazione e delle Finanze a Santo Domingo. Andranno d’accordo, comunque.

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ROM(ANTICO) E COCA

La cocaina è una storia tutta inglese, in Italia non ne fa uso. Quando i giornalisti gli chiedono perché e come, Mutu non si tira indietro a meno che gli fai questa domanda: “Allora non è pericolosa se ne sei uscito bene?”. Ecco, questo è Mutu: la testa sulle spalle la rimette, quando conta. E fa mea culpa: “Ho sempre detto che non sono un santo, ma certe storie sono state strumentalizzata perché faccio il calciatore. So che dovrei essere un modello per i ragazzi e non sono mai stato bravo a mantenere questo tipo di promesse, ma proverò a migliorare come uomo”.

Nessuna trappola, uno sbaglio di una gioventù abbandonata presto e recuperata poi. Molto facile sbagliare da famoso a Londra, trattato ovunque da re: “Sono stato un pollo”.

Prima di arrivare a Londra era diventato ufficiale il divorzio da Alexandra, la prima moglie che gli aveva dato un bimbo. Vive una fase di depressione, ma a Stamford Bridge nessuno se ne accorge perché i gol arrivano. Poi la pubalgia di tre mesi, iniziano i guai.

Non c’è la seconda occasione, ma il licenziamento in sessanta giorni. Sembra un incubo in cui è entrato per una sciocchezza: nessun appoggio e nessuno stipendio. Viene ospitato a Bucarest dalla Dinamo per allenarsi, poi cominciano a chiamare da Torino e torna il sorriso. Mai pensato di smettere dopo la storia di droga: “Ogni giorno il calcio mi mancava sempre di più. È stata durissima, pensavo solo a quando sarei tornato a giocare. Io so fare questo nella vita, mi piace da matti”.

Se pensi al bad boy, non stai pensando a lui. Distratto, dissoluto, irrazionale…La cattiveria è un’altra cosa. Un anno fa salta dal divano ascoltando un telegiornale: un neonato cinese è stato ritrovato abbandonato in un tubo di scarico. La rete televisiva manda (purtroppo) in onda le immagini del salvataggio e Mutu non dubita: parla con Dio e chiede di poterlo adottare, ma generosità e buona volontà cozzano con le normative e la burocrazia. Il suo Stato, la Romania, non fa parte dei Paesi che posso prendere in adozione un bambino della Cina.

È legenda che sia una persona senza self-control e in preda all’istinto. Come detto, Mutu fa quello che gli va di fare, troppo, ma pensandoci, sapendo di sbagliare; questo è il motivo per cui nei guai ci sguazza con saggezza. Non che sia il migliore dei peggiori, ma un’etichetta giusta gli va appiccicata: divertirsi, godere i momenti, prendersi delle pause…Dopo confessa, ed è da pochi.

IBRA NON HA DUBBI

Il cartellino di Adrian è svalutato, la squalifica sta facendo il suo corso e acquistarlo a zero euro è un’occasione ghiotta per s’intende di calciomercato. Il Livorno ha la possibilità di tesserare extra-comunitari, la Juventus no: Luciano Moggi ‘sfrutta’ il presidente Spinelli che gli tiene il giocatore da gennaio a giugno 2005. A Torino torna un giocatore senza il posto fisso, ma fa un gol ogni tre partite; di nuovo appetibile, anche e soprattutto in Italia. Alla Juve di Capello riesce tutto naturalmente come a lui, che segna anche quando non vuole. Resterebbe volentieri a Torino, ma Calciopoli e i conti della Signora glielo impediscono.

Mutu porta grande riconoscenza verso la Juventus, sempre. Per averlo Moggi fece di tutto e Capello lo chiamò per rassicurarlo sull’impiego costante. Mai si è sentito escluso o comunque partente in secondo piano. Appena terminata la squalifica, Adrian esordisce, segna e assiste con puntualità; vince uno scudetto che non è roba sua, gioca solo un pezzo dell’ultima partita della stagione. Nell’anno successivo è protagonista vero: 32 presenze, 22 da titolare e 10 reti giocando da centrocampista esterno. Mutu non ha dubbi su cosa sia Calciopoli: “Era una Juve fortissima e infatti mi viene da ridere quando dicono che abbiamo rubato. Qualunque giocatore di quella squadra si sente addosso gli scudetti che sono stati revocati”. Touché.

Non si è mai interessato del processo sportivo (e penale) che seguì, Mutu credeva in Luciano Moggi per “la sua bravura e perché sapeva fare bene il suo lavoro”. All’epoca del caos è a Miami con la famiglia e viene chiamato dal team manager della Juve, Alessio Secco; la società non lo vuole cedere, ma la Fiorentina si espone e otto/nove milioni per la Juve verso la serie B sono tanta roba.

Ignora che la Viola è coinvolta nello scandalo, pensa solo che ritrova Prandelli ed è felice.

La Juve resta Paradiso e Inferno, ma anche formazione europea. Non uno qualunque, Ibrahimovic, con cui divide la stanza nei ritiri, gli dice che è tra i top 10 players del mondo. Non può dimenticarlo, impossibile.mutu ibra

“LA CITTÀ STRANA”

La stagione inizia a meno quindici, ma Mutu con Prandelli è a casa. Facciamo finta che la penalità non esiste: la Fiorentina finisce il campionato terza in classifica. Ah, Adrian è il miglior calciatore della serie A secondo gli Oscar di noi altri.

Ricordate l’inchino? Diventa prassi. Ringrazia chi lo ammira, chi lo applaude: riverisce, apostrofo tra dire grazie e scusa (nel caso…).

L’evoluzione va dai sedici gol del primo anno ai diciassette del secondo, con semifinale di coppa Uefa e quarto posto in A. Tutto più che bene fino all’estate 2008, quando città e contratto romani lo tentano fino a farlo cedere. La squadra di Spalletti è forte, ha fatto bella figura in Europa e Mutu è convinto; la Fiorentina, però, decide di tenere il giocatore per la gioia dei tifosi. Gioia col countdown: da lì, il rapporto con l’ambiente tutto non sarà più lo stesso. Lui non sente più l’affetto incondizionato, l’amore puro per le giocate, la professionalità indiscutibile limitatamente al campo.

Se Torino l’ha amato, Firenze ha fatto di meglio. Al gol numero 100 in Italia, torna apposta per lui da Madrid (giocava nell’Atletico) l’ex compagno Ujfalusi: organizza una festa a sorpresa al “Rooms” di Firenze e Adrian rimane felice come non si vedeva da un po’.

Se gli chiedi il momento più bello di Firenze ti risponde la semifinale di coppa UEFA persa ai rigori coi Rangers. E sulla città toscana: “Città strana. In tre giorni può passare dall’entusiasmo al pessimismo. E poi tornare nuovamente l’entusiasmo. Non c’è molto equilibrio nei sentimenti. È questa, però, la sua forza, perché basta anche un solo episodio per dare la svolta, per ridare entusiasmo più velocemente che nelle altre piazze. Noi siamo influenzati molto dall’umore della città”.

CONCILIA?

Il conto del “Rooms” era salato, ma niente a che vedere con i 17 milioni di euro che la FIFA chiede per il contratto saltato col Chelsea. Nessun accoglimento per il ricorso al Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna, il massimo del venirsi incontro è la sospensiva della multa fino alla fine dell’anno in corso.

Mutu non vede via d’uscita, chiama una telecamera e si sfoga: “Continuerò la battaglia in ogni sede dove sarà possibile e necessario per difendere i miei diritti di uomo e di calciatore. Allo stesso tempo voglio comunicare che non posso pagare una tale somma e nessuna persona fisica nelle mie condizioni può realisticamente farlo”. La proposta dei legali è quella di una donazione in favore di un’associazione impegnata a recuperare giovani tossicodipendenti, in Italia, Inghilterra e Romania.

Concretamente, l’ultima chance cui ricorrere è il Tribunale Federale Svizzero.

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