È probabile che capiti anche a voi. C’è un momento preciso in cui incontrare un libro. Nella mia personale carriera di lettore mi è capitato molto spesso di comprare un libro spinto da un impulso improvviso, provare a leggerlo, riporlo su uno scaffale e riprenderlo qualche mese (qualche anno) dopo per scoprire che era il libro che stavo aspettando da mesi. Capita, vero?
Con “Seminario sulla nostalgia” di Roberto Tatarelli mi è capitato qualcosa di molto simile. Ho iniziato a leggerlo e mi sono reso subito conto che in quel momento non era il caso di affrontarlo. La scrittura mi aveva preso fin da subito, ma la voce del personaggio mi obbligava ad un’attenzione sul testo che non potevo concedergli avendo la mente piena di tutte quelle facezie che la vita ci porta in dono (un po’ come il vostro gatto che vi porta un topo morto, è pur sempre un dono, no?).
La storia raccontata in questo libro parte quasi da un’ipotetica fine vita, da un tramonto malinconico. Incontriamo un dottore, un luminare della psichiatria, un uomo che ha avuto su di sé potere e prestigio e che poi, per quella che da tutti verrebbe considerata una sciocchezza viene messo al bando, lasciato in un angolo ad aspettare la pensione. Questo esilio forzato lo riconnette con il suo passato ed ecco che il narratore ci accompagna a ritroso negli anni e ci presenta la sua famiglia, i genitori, la moglie, il fratello, ma anche le persone con cui ha avuto a che fare negli anni di lavoro.
Una svolta improvvisa, una telefonata in cui ammette una colpa che francamente sembra poca cosa gli restituisce un briciolo di dignità professionale, d’un tratto, i colleghi che nemmeno lo vedevano, sembrano ricordarsi di lui e gli affidano – e qui veniamo al titolo – l’organizzazione di un seminario sulla nostalgia. Lui, depresso, dovrà affrontare l’ennesimo scoglio.
Se andate a recuperare qualche informazione sull’autore di questo libro vi accorgerete che Roberto Tatarelli è professore all’università La Sapienza, neuropsichiatra e psicanalista, una persona, insomma, che sa di quello che parla quando parla di malinconia, nostalgia e depressione. La cosa è evidente nel modo di raccontare la vita del protagonista e delle persone che gli stanno attorno, nonché nel modo di affrontare i meccanismi attivati dalla depressione.
“Seminario sulla nostalgia” è, potremmo anche definirlo così, un romanzo di formazione, una formazione vista dal punto finale in cui l’autore ripercorre le tappe che hanno portato un uomo ad essere ciò che è. La scrittura da assaporare lentamente è perfettamente calibrata per questo tipo di storia, una storia in cui ogni pagina dà la possibilità al lettore di riflettere su se stesso.
Un’ultima parola sull’oggetto libro. Il libro, a mio parere, è di un’eleganza impeccabile. La copertina è perfettamente in sintonia con il contenuto e la qualità della carta invoglia alla lettura.
Roberto Tatarelli, già professore ordinario alla Sapienza Università di Roma, è neuropsichiatra e psicoanalista. Inizia a lavorare nei primi anni ’70 in ospedale psichiatrico, dove è attivamente coinvolto nelle esperienze legate alla fine dell’istituzione manicomiale. Da allora e fino al pensionamento è impegnato in un intenso e articolato lavoro accademico, didattico e organizzativo, culminato con incarichi di direzione di Dipartimenti universitari e ospedalieri. È autore e collaboratore, in Italia e all’estero, di una vasta produzione scientifica che conta, tra articoli, manuali e monografie, oltre 600 pubblicazioni, di cui gran parte sulla più accreditata stampa internazionale. Suicidio, psicopatologia, psichiatria biologica e forense, relazione terapeutica, lotta allo stigma sono i suoi principali interessi. Da qualche anno si occupa di scrittura non scientifica. Questo è il suo primo libro di narrativa.