Home Inchiostro - Recensioni di libri indipendenti e non. Annarita Briganti – L’amore è una favola

Annarita Briganti – L’amore è una favola

by senzaudio

A volte bastano una manciata d’anni per modificare diametralmente il punto di vista sulle cose. Una volta una parolina inglese come freelance ci mandava tutti in solluchero, basti pensare a certi sketch degli anni ottanta dove l’inglese era ancora uno status symbol. Erano altri tempi e oggi, dopo anni di cura intensiva (MTV e cdrom dei quotidiani), usciti definitivamente dal provincialismo alla Vanzina e arricchiti da una maggiore consapevolezza, siamo portati ad ammettere che freelance può significare anche “precario”. E’ il punto di vista di Gioia Lieve, la protagonista di L’amore è una favola, il secondo romanzo di Annarita Briganti, donna che attraversa la meravigliosa Età della Comunicazione col disincanto di una Ipazia 2.0 (frase riferita a Gioia o a Annarita?)
Gioia Lieve è freelance in tutto, anche in amore, dove è forse ancora più facile liberarsi dalle mistificazioni anglofile e abbracciare la spietatezza della lingua madre. E’ una donna viva, aperta, diretta e dispone di un’ironia che tiene affilata attraverso l’esercizio quotidiano della scrittura, attività del “giusto distacco” che le permette di sopravvivere nella raffinata giungla del giornalismo culturale.

In questi giorni infiniti di silenzio mi sono un po’ ammorbidita: cercavo amore e ho trovato il frigo.

Talvolta questa pratica sconfina nell’autolesionismo (vedere la realtà con distacco ironico non sempre aiuta) e ad un certo punto l’indomabile richiamo dell’amore si staglia nei tersi cieli di Milano come l’unica terapia possibile: un giorno le capita di doversi occupare del catalogo di un noto artista contemporaneo, e tutte le difese del suo sistema immunitario e filosofico vacillano. Lui è Guido Giacometti, un seduttore seriale, e Gioia Lieve indossa i panni di vittima sacrificale con inattesa spontaneità. Incastonata in parti del romanzo più sociologiche, come le vivacissime riunioni del “cerchietto magico, una mini lobby di donne veraci”, o come la minacciosa presenza di uno stalker nella vita della protagonista, i capitoli dedicati all’amore sono i più riflessivi e filosofici, ricchi di scene intense e frasi dal sapore aforistico che faranno sentire le lettrici (ma, perché no, anche i lettori) partecipi del mutuo sostegno della mini lobby del “cerchietto magico”.

Il segreto di una coppia è sopravvivere alle aspettative. Bisogna rispettarle quanto più possibile, a volte ignorarle, nei giorni fortunati farle coincidere, come nelle favole.

E’ il tema del libro, è l’albero motore della narrazione, e la Briganti lo fa girare con grande personalità, rispettando i limiti di velocità in centro, ma accelerando quando c’è da accelerare, prendendo certe curve con l’aggressività giusta, facendo sobbalzare il lettore quando serve. Ha un buon navigatore accanto, che è la narrativa italiana degli anni ottanta, De Carlo in particolare (al lettore il compito di rinvenire i rimandi disseminati dall’autrice nel testo…), ma se proprio si vuole trovare un corrispettivo ancor più attinente, se proprio si vuole trovare una scaturigine nella sua guida e nella creazione di Gioia, si risalga alle rivoluzionarie figure femminili del romanticismo europeo e americano: è nelle donne emancipate ma sentimentali delle Bronte, è nel ricamo essenziale e allo stesso tempo immaginifico della Dickinson, che Gioia Lieve trova i suoi modelli ispiratori; e quando la sua storia d’amore, depotenziata dalle algìe di un mondo fisico ridotto a pixel, un mondo privo del calore necessario, la porta ad estraniarsi da tutto e a guardare la vita come una spettatrice al cinema davanti a un film che non le piace, ecco che in quel momento solo un mondo caldo ed emotivo come quello del teatro, in uno dei passaggi più vibranti del romanzo, ha il potere di farla tornare in sé:

E la stupida Gioia, che crede nell’Amore, pensa che lei ce l’ha già qualcuno che fa i miracoli, è Guido, il suo Artista, che di colpo le manca, anche se si sono visti due giorni fa, e si commuove nel teatro più famoso del mondo, piangendo come un vitello, costringendo il suo vicino, un commendatore brianzolo, a consolarla. Maledetti ormoni del romanticismo.

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