Paratesto:
E’ una cosa mia. Ho sempre avuto la sensazione che, in Italia, quando c’è di mezzo un disabile, le cose funzionino in due modi. Se non sei nessuno devi affrontare mille sfide, messe lì per l’incompenteza di chi ti circonda. Sfide architettoniche, sfide sociali, sfide lavorative. Ci vogliono le palle. Poi, se ti capita di arrivare in TV e diventi “qualcuno” allora succede il finimondo. Improvvisamente vali di più e se sei in gara vinci. Non mi va di essere ipocrita. Credo debba vincere il migliore, non credo sia giusto far diventare un disabile un caso umano perché un disabile è, prima di tutto, un essere umano. Valigie Rosse ha fatto bene a scegliere questo testo, non perché si tratta di un’autobiografia di un disabile, ma perché parla di qualcosa che dovremmo coltivare tutti: la determinazione.
Testo:
Quindi, premessa alla mano, vi dirò che “Cimettolafaccia” è un libro onesto, che ha nella coerenza la sua forza. E’ il ritratto (ahimé ridotto) di quello che ha passato Ferraro per arrivare fino a noi, oggi. Partendo dalla sua nascita, dalla ventosa che lo ha reso un disabile, per finire con la persona che ha trascritto le sue memorie è che è anche una compagna di vita. In mezzo, tutta una serie di traguardi raggiunti e anche un paio di fallimenti per cui Ferraro non incolpa la sua disabilità. Ed è questo il bello di questo libro, la disabilità non diventa mai una scusa, ma un trampolino da cui partire, un ostacolo da superare di slancio.
Nel leggere “Cimettolafaccia” ho percepito rabbia. Non sono riuscito a capire se si tratti di rabbia nei confronti della propria situazione di disabile, ma sembra che Ferraro sia molto fatalista in questo. Ho percepito una sorta di rabbia fiera, rabbia primordiale, leonina, un voler mettere in chiaro fin da subito che lui non si sente meno di voi solo perché ha difficoltà a muoversi.
Ferraro desidera affermare la propria indipendenza. Desidera mettere in chiaro che le uniche barriere sono quelle che lui pone a se stesso, ma che se ha una meta lui la conquista.
Il suo non è un racconto abbellito, è un racconto sincero, senza fronzoli, senza elaborazioni, ma diventa impressionante il parallelo tra l’infermità con la quale deve fare i conti tutti i giorni e che lui continua a combattere e l’apatia nostra di fronte ad un’infermità politica che più che fisica direi essere mentale.
La copertina, rosso acceso, ha un che di primordiale. Di totemico. La rappresentazione di una forza vitale che scorre nelle vene di Costanzo Ferraro e che non lo abbandonerà mai, soprattutto ora che al suo fianco ha qualcuno da amare.
Il libro è uscito con una tiratura di 500 copie numerate, non ci vuole molto a far parte di una piccola elite di lettori soddisfatti.
Coordinate: