Da qualche anno a questa parte Fandango è una delle case editrici italiane che tengo d’occhio più volentieri quando si parla di narrativa italiana. Basterebbe citare il solo successo nel 2020 di Jonathan Bazzi per spiegare il motivo di questa mia attenzione, ma in realtà Bazzi è solo uno degli esempi più eclatanti. Lo stesso “Carnaio” di Giuliano Cavalli era stato un grandissimo colpo e, tornando ancora un po’ più indietro ricordo con estremo piacere “La case dei bambini” di Michele Cocchi. Una rondine non fa primavera, ma quando comincia ad intravedersi il profilo di uno stormo allora significa che la direzione è molto chiara.
Devo dire che la lettura di “Nuovissimo testamento” di Giulio Cavalli mi ha messo addosso un’angoscia che non provavo da un po’ se riferita ai libri. Un’angoscia che, per quel che mi riguarda, è un segnale chiaro che il libro ha toccato delle corde molto sensibili e che lo ha fatto con sapienza.
Ci troviamo all’interno dello stesso universo di “Carnaio”. Nella città di DF le emozioni sono tenute a bada, l’empatia è un virus da estirpare prima che faccia troppi danni. I colori sono elencati in base a un numero, sono studiati da apposite equipe perché non producano alcun ricordo nelle persone che li osservano. Gli stati d’animo sono misurati con una scala numerica, le strade non hanno nomi ma numeri, le dotazioni di ogni essere umano sono decise da un’apposita commissione così anche la dieta settimanale. I neonati vengono presi ai genitori e trattati farmacologicamente affinché vivano in una nebbia perenne. Gli uomini e donne vengono accoppiati in base alle classi di preferenza e ogni singolo aspetto della vita quotidiana è progettato per non produrre variazioni emotive.
Se non mette angoscia un simile minuzioso controllo non so cosa possa farla. E anche se mi sembra di sentire le vostre obiezioni, anche se mi sembra di sentirvi dire che la società in cui viviamo non è poi tanto distante da quanto ho descritto, vi posso assicurare che “Nuovissimo testamento” di Giulio Cavalli dipinge un quadro claustrofobico molto vicino a una feroce dittatura.
Come la vita che stiamo vivendo in questo momento ci ha insegnato, se a qualcosa diamo il nome di virus è pressoché impossibile controllare la sua diffusione. Ecco appunto che all’interno di DF qualcosa comincia a non funzionare come progettato. Un suicidio scombussola i piani alti, il leader Bussoli, già imbottito di tranquillanti decide che la situazione non può continuare a degenerare, che serve la mano forte. Mentre in un ospedale della città Fausto Albini, dopo aver visto la dottoressa Cordio per la seconda volta capisce di essersene innamorato. E nulla di tutto questo è compatibile con i modi bruschi ma silenziosi di chi governa DF.
“Nuovissimo Testamento” è un romanzo distopico che porta alle estreme conseguenze alcune delle situazioni che viviamo ogni giorno. La tensione al controllo si scontra con la necessità di libertà; il volere calato dall’altro sbatte contro il desiderio di essere unici. Soprattutto però mi è sembrato di cogliere la necessità di sfuggire all’integrazione in schemi e reti predefinite che hanno un’etica e norme di comportamento che lungi dal rendere quel luogo un posto più vivibile servono solo per inquadrare e rendere innocue le persone che ci vivono e ciò vale sia che si tratti di un luogo fisico che un luogo virtuale.
Giulio Cavalli (Milano, 1977), scrittore e autore teatrale, dal 2007 vive sotto scorta per il suo impegno nella lotta contro le mafie. Collabora con varie testate giornalistiche e ha pubblicato diversi libri d’inchiesta, tra i quali ricordiamo: Nomi, cognomi e infami (2010); L’innocenza di Giulio (2012) e Mio padre in una scatola di scarpe (2015). È stato membro dell’Osservatorio sulla legalità e consigliere regionale in Lombardia. Con Fandango Libri ha pubblicato nel 2017 Santamamma. Con Carnaio nel 2019 ha vinto il Premio Selezione Campiello – Giuria dei Letterati ed è stato finalista al Premio Napoli, il romanzo è in corso di pubblicazione in quattro paesi. Nel 2020 è uscito Disperanza.