È finito. Il Mondiale dell’Italia è terminato. Si torna a casa, addio sogni di gloria, addio obiettivi realistici. Era il girone della morte, noi siamo stati uccisi. Morti. È stato un fallimento, il secondo di fila per la Nazionale: dopo Sudafrica 2010, Brasile 2014. Restiamo con gli eroi di Berlino, protagonisti di un’impresa, gli ultimi superstiti di una generazione di talenti che si sta spegnendo senza volersi arrendersi. Quelli della vecchia guardia sono come gli ultimi dei Mohicani, sono quell giovani che hanno deluso. L’Italia costruita attorno a Balotelli si è sgretolata, il gruppo si è sfaldato, Prandelli ci ha capito poco o nulla. A Coverciano abbiamo la casetta di Manaus, forse ci serviva un palazzo, viste le difficoltà atletiche dei giocatori azzurri.
Non c’è molto da salvare, praticamente nulla. Onore al commissario tecnico per le dimissioni, cosa rara dalle nostre parti, ma prendersela per un articolo di giornale e scaricare pubblicamente il giocatore su cui si è puntato con convinzione non è certo meritorio. Prandelli è stato osannato dai giornali, Balotelli pure: è sempre il caso di mostrare il proprio valore sul campo, lasciando le chiacchiere sui social network.
Il problema del calcio italiano non può certamente fermarsi all’arbitro e ai morsi di Suarez, uno che la Fifa dovrebbe squalificare per anni, ma nemmeno alle convocazioni errate, alla tenuta fisica e ai problemi tattici. Si è dimesso anche Abete. Bene, perché questa Figc è stata immobile per anni, servono volti nuovi, idee fresche: il problema non è la nomina del prossimo commissario tecnico – di allenatori bravi ne abbiamo -, ma le scelte che devono essere prese, scelte che sono sempre più urgenti. Serve un intenso processo riformatorio, quello intrapreso con coraggio e convinzione da Belgio, Svizzera, Germania, Francia e Spagna, nazioni in cui i giovani vengono cresciuti, allevati, allenati secondo principi chiari, comuni e condivisi. Loro producono giocatori, noi ci siamo fermati. E poi gli stadi, campionati inutili. E non dimentichiamoci dell’ambiente, quella opinione pubblica che sbavava per un tweet di Balotelli, che elogiava Prandelli e che ora è scesa dal carro. In quello noi restiamo sempre i campioni del mondo.