Momenti intimi, il primo blocco di questo libro inizia con i versi di questo testo:
“Mamma io sono già morto
e vorrei approfondire il futuro”.
C’è un universo amaro in queste due righe che introduce un libro denso, talmente pieno di rappresentazioni che va letto sicuramente almeno due volte; la prima di pancia, la seconda per apprezzarne il talento nell’accostare e incastrare parole, suoni e immagini e quindi tutta la poesia contenuta.
Alcuni testi sono dei cortometraggi bilanciati, potenti, mai pesanti, altri sono brevi, sincopati, necessari in poche battute.
Parole come lame di precisione, Franz è un funambolo narrativo e dell’accapo: qualità rare in una persona sola. Queste poesie sono sconvolgenti, ti tirano il fiato, ti stringono i fianchi.
I temi della morte, del suicidio che “salva gli insalvabili”, della decandenza mentale e fisica sono centrali. Così come il lento consumarsi, mentre il poeta fa da spettatore a se stesso, e guarda i propri capelli struggenti, titolo meraviglioso della raccolta, “ricordi di cose cadute, esalate, spinte all’incontrario”.
Franz nella sua scrittura onirica, a tratti allucinata, preferisce di gran lunga la disperazione all’angoscia che dice: mi dà noia. Nel testo “Dispera” riesce a dare un corpo a tutto questo, una donna con cui fare l’amore che ha i polsi tagliati.
La solitudine unita all’idea matura o forse maturata che non esista l’amore ma soltanto l’amare, lo trascina all’incontrario nelle delusioni bambine. È difficile non lasciarsi incatenare, soffocare da questo vortice che ci fa da specchio, perché il poeta lo fa col talento di chi usa oggetti quotidiani, odori, sapori, cibi e si sa che nulla possiamo contro la più ancestrale delle memorie in dotazione all’uomo.
Vorrei dirvelo con queste parole di Franz:
L’Ultima birra
L’ultima birra la tieni a distanza sul tavolo,
la dosi, centellini, risparmi, è l’ultima,
come è l’ultimo quarto d’ora, il respiro,
come è l’ultimo rantolo disteso a terra
prima della morte. È l’ultima birra di te
reattore, agente, subdolo poliziotto
d’un mondo ancor più distorto, perverso,
i tuoi stivali neri anche d’estate, il tuo
sfollagente. L’ultima birra è un domani
che non avrà mai luogo, è l’ultima pigione
da pagare. Muori, e serba con te ricordi
a caso, come sciolti dalla bocca di un pazzo,
da un ubriaco, da un film di fantascienza.
Franz Krauspenhaar (Milano, 1960) ha pubblicato finora 9 romanzi, 1 saggio narrativo e cinque libri di poesie, tra cui questo. Tra i romanzi ricordiamo Le cose come stanno (Baldini & Castoldi, 2003) , Era mio padre (Fazi, 2008 Premio Speciale Palmi per la Narrativa 2008), L’inquieto vivere segreto (Transeuropa, 2010), Le monetine del Raphael (Gaffi, 2012), Grandi Momenti (Neo, 2016). Ha pubblicato poi nel 2013 gli ebook Il subentrato e La bella moglie, due brevi romanzi noir per Lite Editions. In poesia ricordiamo Franzwolf (Torino Poesia – Marco Valerio Editore 2009), Effekappa (Zona, 2011), Biscotti Selvaggi (Marco Saya Edizioni, 2012) e Le belle stagioni (Marco Saya Edizioni, 2014). Ha fatto parte per quattro anni della redazione del blog Nazione Indiana, e ha cofondato i blog La poesia e lo spirito e la webzine Tornogiovedì. Scrive di letteratura, arti e costume per varie testate.