Qui su Senzaudio teniamo d’occhio Casasirio da un bel po’ di tempo. Altri collaboratori ne hanno scritto su queste pagine. L’idea che mi ero fatto io, da esterno, era quella di avere a che fare con una casa editrice giovane, un po’ pop e un po’ rock, ma tutto alternativo. Non roba commerciale, per intenderci.
Leggere “Adieu mon coeur” di Angelo Calvisi ha confermato queste sensazioni. Per assurdo, le ha confermate attraverso un romanzo che ha a che fare con la musica.
Paolo è un musicista. A partire dai 13 anni, a partire da una chitarra, tutta la sua vita professionale ruoterà attorno alla musica. Con tutto quello che comporta far parte di un mondo a forte pressione. Paolo però ha anche 13 anni, un’età importante, quell’età che funziona da incipit nella vita delle persone. E’ in quel momento che decidiamo o viene deciso quello che saremo come essere umani. Paolo è anche la cotta mai sopita per Michela, i rapporti con gli amici, tra tutti Bob Rock, ma Paolo è, purtroppo, anche la famiglia. Il padre puttaniere, la madre disturbata e i gemelli. Paolo è anche i lutti che si porta addosso.
Angelo Calvisi utilizza un’interessante scansione temporale per raccontarci la vita di Paolo lasciando nell’ombra ampie porzioni della vita del protagonista. Credo che risieda in questo punto il carattere di questo libro. Calvisi non è un voyeur che osserva morboso l’evolversi dei suoi personaggi, non gli sta con il fiato sul collo. Calvisi, soprattutto, non ci costringe ad accompagnare passo passo Paolo e gli altri. Nei salti tra un capitolo e l’altro passano interi lustri, devastazioni, cambiamenti, frane, arcobaleni e di nuovo buche profonde. Ci chiediamo cosa diavolo debba essere successo a Paolo per renderlo il personaggio crepato che è. Le risposte sono più o meno tutte nel primo capitolo, l’adolescenza. Si torna sempre lì.
La scrittura di Calvisi è fresca, proprio come la casa editrice, è un po’ pop, ma anche elettronica. Il libro scorre veloce, come un bell’album d’autore. Di quella musica scritta bene, per arrivare dentro e non per ipnotizzare le folle con testi e musiche orecchiabili. Calvisi non è costretto a raccontare tutto per confezionare una storia che abbia senso, lavora sul non detto per concentrare tutta la sua attenzione su quei fatti che a volte riteniamo secondare e che invece segnano un’esistenza.
Forse dovreste tenere sott’occhio anche voi Casasirio. Insomma, hanno una collana che si chiama “Morti&stramorti”!