Tornare sulle pagine di Roberto Saporito e dei suoi – chiamiamoli così – noir sentimentali è rinfrancante come visitare un vecchio amico. Oddio, sarebbe rinfrancante se le sue storie spezzate e irrisolte, e i suoi personaggi spezzati e irrisolti, incapaci di vivere il presente, non fossero tali. Ma è la limpidezza della scrittura a rinfrancare lo spirito del lettore qualora non lo facesse il contenuto in verità soavemente nichilista dei suoi brevi, malinconici romanzi. Perché spezzati e irrisolti lo sono davvero i destini degli uomini e delle donne che l’autore delinea in Come una barca sul cemento (pubblicato nella collana SideKar di Arkadia Editore) attraverso brevi e intensi capitoli farciti di disillusione, post qualcosismo citazionista – ma di classe -, un po’ di sesso, violenza e pure un omicidio. Ma tutto si stempera e si diluisce, più o meno tragicamente, più o meno malinconicamente attraverso le voce dell’autore, che in questo romanzo usa registri diversi, dapprima per raccontarci la storia di un professore che in seguito a uno scandalo ha perso se stesso e il suo lavoro; e si ritrova e si riperde arenato come guardiano notturno in una rimessa per imbarcazioni da cui si metterà alla ricerca delle amanti mancate che hanno in qualche modo segnato la sua gioventù. E poi con la storia agghiacciante e appena abbozzata di un bambino rapito, che fa da sfondo alla vicenda principale, ma acquisisce sempre maggior spessore man mano che andiamo avanti nella lettura. Come una barca sul cemento è un romanzo d’un centinaio di pagine che si legge velocissimamente con grande partecipazione emotiva; e questo nonostante il protagonista sia un anaffettivo sessodipendente che si lascia soggiogare dagli eventi e dal mondo intero. E che poi un tipo così ci possa – quasi – piacere o che ci si possa sentire attratti da questa storia di persone senza bussola alla deriva nell’universo, be’… è la letteratura, bellezza.
Arkadia
Di Marco Visinoni lessi anni fa il suo libro su come diventare uno scrittore di successo e mi ero divertito molto. Al punto da scambiare qualche parola con lui su Twitter. Ne è passata di acqua sotto i ponti, ora Marco Visinoni esce con un nuovo libro e mi sembra di poter dire che rispetto al saggio precedente ha mantenuto una certa coerenza. Anche in questo libro non si contano i buoni suggerimenti.
In breve. Non è importante la qualità di quello che uno scrittore produce è importante che quello scrittore sia famoso (qualsiasi cosa significhi) e che faccia parlare di sé. A me pare che sia questa la triste conclusione a cui arriva il protagonista di questa storia. Quel Leifur che vive a Bologna, ha scritto un libro di modesto successo intitolato “Uno” e poi si è incagliato in una serie di romanzi iniziati e mai terminati. Leifur che vende idee per romanzi agli altri aspiranti scrittori, ma che dice di non saper più scrivere.
Fa una vita normale quest’uomo amante dell’Unicum e incapace di portare avanti una relazione a lungo termine.
Poi all’improvviso suonano alla porta e Leifur si trova davanti a se stesso. Il se stesso di un po’ di anni dopo venuto dal futuro con un almanacco pieno dei risultati delle lotterie. Ora vi confesso due cose, anzi tre. La prima è che ciò che avete letto non è uno spoiler. Succede nella prima pagina del romanzo. La seconda è che lo so io, lo sapete voi e lo sa anche l’autore, l’almanacco l’hanno già usato in “Ritorno al futuro” e la terza è che siccome credo di aver visto “Ritorno al futuro” almeno un centinaio di volte (e lo riguardo ogni volta che lo danno in TV) avevo il timore che Marco Visinoni me lo rovinasse. Però non è successo. Quindi non devo uccidere nessuno.
La storia parte da qui e ci porta da Bologna all’Islanda, dai pub felsinei al club dove Leila mostra le sue doti da dominatrice, da Boris a Jack Nuance.
Già, Leila. Uno si innamora anche solo a sentirla descrivere. Ha scritto un libro di grande successo con un contenuto molto molto striminzito. Boris, detto il matto del porto non abbandonerà mai per tutto il libro l’aura del personaggio utilizzato come espediente comico, uno scarico dalla tensione, ma verso la fine compie un passo, un’evoluzione funzionale alla crescita di Leifur.
Quindi, chiederete voi, è questa la storia di uno scrittore che ha smarrito l’ispirazione e che poi la ritrova? Può essere, se guardi da molto vicino. Se ti sposti di qualche passo e consideri il quadro generale “Il caso letterario dell’anno” è, a mio modestissimo parere, una critica all’editoria così come è progettata ora. Non tutta, ci mancherebbe, solo quell’editoria che non pubblica scrittori ma fenomeni. Quell’editoria che prima di accettare un manoscritto conta i like, i follower, guarda la faccia dell’autore e dell’autrice e decide se di quel materiale riuscirà a farne un’icona. Quell’editoria che spesso sfocia nella creazione di fascette apocalittiche che ti spiegano che il libro ha venduto settemila miliardi ci copie e che se non lo compri anche tu l’inferno spalancherà le sue porte e ti accoglierà.
A me pare che questo libro racconti questo. Si arriva fino in fondo, ma se pensi alla gloria, ai soldi, forse nulla di tutto questo vale veramente la pena di essere vissuto. A me sembra che Leifur, verso la fine lo capisca. Si può anche non scrivere. A meno che scrivere non sia la cosa che ti dà più gioia al mondo. In quel caso, martellate sulla tastiera come non ci fosse un domani.
Marco Visinoni è nato a Iseo nel 1981 e vive a Bologna. Ha pubblicato il romanzo Macabre danze di sagome bianche(Miraviglia editore, 2007), la raccolta di racconti Apocalypse Wow (Unibook, 2009) e il manuale di promozione letteraria Come diventare uno scrittore di successo (La Linea, 2012).
Marco Patrone – Kaiser
Questa storia la conoscevo già. Ricordarsi dove l’avessi letta o vista è un’impresa in cui non mi cimenterò. Probabilmente l’ho letta in qualche blog sportivo, uno di quegli articoli che non parlano di tattica e si dedicano ad un lato più leggero. Uno di quegli articoli acchiappaclick per intenderci.
Quello che però non conoscevo era cosa ne avrebbe fatto Marco Patrone di questa storia. Di questo personaggio così incredibile da sembrare vero, soprattutto se trasportiamo le sue gesta ai nostri giorni. Sarebbe impossibile per lui farla franca ora che ogni minimo particolare viene analizzato con cura maniacale.
La storia è dunque quella di Carlos Kaiser Henrique Raposo, detto anche “il più grande truffatore della storia del calcio”. Soprannominato Kaiser per la sua somiglianza fisica con Franz Beckenbauer ha avuto una carriare lunga una ventina d’anni senza praticamente giocare mai. Grazie a finti infortuni, scuse varie, risse, Kaiser riusciva a passare da una squadra all’altra senza mai dare prova del suo talento, o meglio, della sua mancanza di talento. Nel libro di Marco Patrone la storia viene raccontata a più voci. C’è quella del narratore principale, un giornalista o come si definisce lui, un nothingwriter che scrive per un giornale sportivo e che sente di avere in mano una storia. Qualcuno gli sussurra all’orecchio dell’esistenza del Kaiser e lui ricorda una serata di parecchi anni prima in cui un amico gli aveva raccontato per filo e per segno la storia di Carlos Henrique. Anche l’amico è un giornalista, un giornalista francese e sarà lui la nostra seconda voce. Grazie ai suoi appunti della serata il nostro narratore scopre delle sfumature che non conosceva. Kaiser è un artista della truffa, uno che prendeva la vita con il sorriso e viveva per la libertà e le donne, ma era anche un calcolatore, uno che sapeva sfruttare le debolezze umane, mai con violenza, ma con furbizia e scaltrezza. Era uno stratega fuori del campo, uno che allenava il tempo libero degli altri giocatori e che offriva loro esattamente ciò di cui avevano bisogno.
Dagli appunti del giornalista francese esce la terza voce, quella del Kaiser. Sarà lui a raccontarci le proprie gesta, con ironia e sarcasmo, con schiettezza e senza mai indorare la pillola.
Patrone racconta una storia che, al di là del suo sembrare incredibile, ha a che fare con l’ambizione e con la manipolazione. Ha a che fare con quella parte di noi che non si rassegna a fare una vita “normale” e forse con tutto quello che riguarda i nostri sogni nel cassetto. Il Kaiser è una figura emblematica, un elemento che può essere copiaincollato in molti altri contesti, non solo in quello calcistico. Mi viene da pensare, ad esempio, come un personaggio come il suo si sarebbe comportato nel campo dell’editoria e non è da escludere che in effetti non ci sia un suo epigono letterario (confesso che un paio di nomi mi sono venuti in mente).
Quella di Carlos Kaiser Henrique Raposo è una storia così assurda da non sembrare vera. Marco Patrone l’ha raccontata a suo modo, mostrandoci non solo che non è assurda, ma che è anche molto più concreta di quanto ci aspettassimo. Perché in fin dei conti, c’è un po’ di Kaiser dentro ognuno di noi. Basta allenarlo.
Marco Patrone si occupa di sviluppo di prodotti bancari, finanziari e assicurativi. Ha però una seconda vita, nella quale si fa chiamare Recensireilmondo e cura l’omonimo blog letterario, tra i più seguiti in Italia. Il suo romanzo d’esordio, Come in una ballata di Tom Petty, è uscito per Transeuropa nel 2015. Un suo racconto è compreso nella raccolta Monaco d’autore, pubblicata per Morellini Editore nel 2016. Il racconto L’estate del Pollo, uscito nel 2016 nella collana L’animale umano di Urban Apnea Editore è stato finalista al Concorso Letterario Zeno, classificandosi secondo.