Space opera di Catherynne M. Valente, traduzione di Alice Zanzottera, è uno dei biglietti da visita con cui una nuova casa editrice, 21lettere, si è presentata ai lettori prima che l’oblio da coronavirus oscurasse i piani editoriali e le nuove uscite. Space opera è anche e soprattutto un romanzo di fantascienza stramba & strambissima, spiritosa e visionaria, che va molto oltre il il Douglas Adams a cui nelle note di copertina sembrerebbe ispirarsi (e che sicuramente è stato tenuto presente dall’autrice). Il risultato finale va molto oltre i romanzi dell’indimenticabile autore della Guida galattica per autostoppisti, talmente tanto da fare un giro completo, attivare qualche porta dimensionale e alla fine della corsa farmi pensare più a uno Stefano Benni reincrociato con uno Scarabeo (il gioco da tavolo) dotato di coscienza, molto logorroico e strafatto di LSD. Space Opera è una turbo-storia in cui tutto va a duecento all’ora in curva, senza freni, con un pilota ubriaco, su di una scogliera a picco sul mare in tempesta pieno di squali. La quantità di battute presenti in ogni paragrafo potrebbe risultare indigesta a qualche lettore, infatti, e il rischio è quello di una sorta di saturazione con conseguente svalutazione della materia prima. Avete mai provato a mangiare una cassata, intendo intera, quelle da un chilo? Ecco, ora ci siamo capiti. E ci immaginiamo, pure, il mal di testa che sarà venuto alla traduttrice Alice Zanzottera per venire a capo del romanzo. Insomma, non consiglierei Space opera a tutti, a tutti-tutti, cioè, lo consiglierei però innanzitutto agli appassionati di fantascienza e in generale a chiunque voglia leggere qualcosa di nuovo, di brillante, coraggioso, geniale nella sua intemperanza. Lo stile cyber-barocco bislacco esagerato esasperato inesauribile dell’autrice, a causa del suo superfetante surplus a tratti può allontanarci dalla pagina, ma basta avere un po’ di pazienza, rallentare un attimo e subito troveremo un’altro capitolo che non dimenticheremo, un altro fuoco di fila di idee. Brava e un po’ folle, Catherynne M. Valente; e con lei il suo psichedelico Space opera.

La trama? A questo punto volete sapere la trama? E va be’, eccola qua: la Terra sta per essere distrutta a causa della scarsa senzienza della sua specie dominante, il violento, gretto, crudele e inquinante essere umano. L’unica possibilità rimasta è dare prova delle nostre capacità nel grande festival galattico di Sanremo dello spazio interstellare. Il problema è che tutti i grandi della musica sono morti, più o meno, e quindi il campione scelto a rappresentarci  e a salvarci dalla distruzione sarà una rockstar in disarmo, ex idolo del glam, tale Decibel Jones. E adesso incrociamo tutti le dita… “L’ipotesi della rarità della Terra ha intenzioni lodevoli, ma è colossalmente, clamorosamente e mostruosamente sbagliata. La vita non è complicata, non è pretenziosa, non è unica, il destino non entra mai in gioco. mettere in moto il micro go-kart ciuccia-benzina della senzienza organica è facile quanto lanciarlo giù per la china e poi restare a guardare che il tutto esploda per autoignizione. La vita vuole essere, non può proprio sopportare di non essere. L’evoluzione scalpita, è lì pronta a partire senza preavviso, e saltella da un piede all’altro come un bimbetto in coda davanti alle montagne russe, tutto un fremito mentre pregusta le luci colorate la musica ad alto volume in loop a testa in giù tanto che se la fa sostanzialmente nei pantaloni ancor prima di aver pagato il biglietto. E il costo del biglietto è basso basso, proprio stracciato, pianeti abitabili belli, pianeti abitabili freschi solo un euro al chilo! […] e naturalmente formula all-you-can-eat su tutte le specie intelligenti. Sbocciano all’improvviso, entrano in collisione con la civiltà industriale a metà strada, e cavalcano il super ciclone Blue tornado finché non vomitano pure la vita o raggiungono la velocità di fuga sbalzando i loro seggiolini smaltati verso il voto incommensurabile”.
Alla via così, Mrs Valente!!

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