Ad un certo punto della tua vita Las Vegas è solo quel posto che ti hanno fatto conoscere nei telefilm americani. Quel posto in cui la gente va a giocarsi anche le mutante, si sposa con la prima che capita o muore in attesa che Grissom (o chi per lui) risolva il caso con tutta la tecnologia e gli effetti speciali mai creati al mondo.
Poi succede qualcosa e Las Vegas diventa anche una piacevole sorpresa, dove non regnano cadaveri o sposini travestiti da Elvis e Priscilla Presley, ma ci abitano libri.
Las Vegas edizioni è un buon posto dove andare a scovare libri. Il loro motto recita “Libri indipendenti per lettori curiosi”. Beh io non lo so se sono curioso oppure no, so che quello che pubblicano merita di essere preso in considerazione anche da quelli che entrando in una libreria si dirigono subito allo scaffale dove sta la Feltrinelli.
“Solo me ne vo per la città” di Enzo Gaiotto è la prova che non tutto quello che è bello viene pubblicato dai grossi editori (anzi, a voler ben vedere, spesso accade il contrario, ma non è questo lo spazio adatto per parlarne). Questo libro è la prova che a volte è necessario scavare un po’ in profondità, imparare a dare fiducia a delle realtà editoriali che non fanno grandi numeri, ma fanno grandi libri.
Quella di Gaiotto è una storia che potremmo anche definire dalle basi comuni. Una madre, Annina, sul letto di morte, un figlio che la va accudire nei suoi ultimi giorni. Capita anche nella vita reale, non solo nei libri. Però qui c’è dell’altro. C’è l’abilità di Gaiotto nel descrivere e scrivere quello che per me è un dialogo lungo un libro. I capitoli di “Solo me ne vo per la città” rimbalzano tra il tempo che fu di una Livorno del passato nella quale la madre è cresciuta in mezzo agli stenti e il presente, dato da un figlio troppo dedito al lavoro e con una famiglia distrutta alle spalle. Dove finisce un capitolo dedicato alla madre sembra iniziarne uno dedicato al figlio e questo continuo saltare dal passato al presente ci permette di scavare nella vita del figlio attraverso quella della madre. Veniamo messi in grado di giudicare le sconfitte del figlio anche alla luce delle vittorie attribuibili alla madre.
“Solo me ne vo per la città” è un libro toccante, nel vero senso della parola. Tocca alcune corde sopite dal ritmo vertiginoso in cui siamo costretti a vivere. Perché, molto banalmente, Gaiotto ci regala un messaggio di cui far tesoro: ciò che le difficoltà di un tempo ha cementato rischia di venir spazzato via dall’agiatezza del presente.
La scrittura di Gaiotto è esemplare, misurata, mai fuori posto. Idonea a raccontare una storia in equilibrio tra due epoche, ma soprattutto, il ritmo che viene utilizzato è perfetto per l’opera di introspezione che ci porta a conoscere madre e figlio nel loro ultimo passaggio assieme su questa terra.
Enzo Gaiotto, scrittore e fotografo nato a Livorno ma pisano di adozione, con i tipi di Las Vegas edizioni ha pubblicato anche “Rosso Katmandu” nel 2012. Questo romanzo è la riedizione riveduta e corretta di “La finestra socchiusa” (Edizioni Il Molo, 2007), terzo classificato al Premio Massarosa.
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