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Parental Advisory: Perchè si diventa scrittori

by senzaudio

A cura di: Graziano Carugo Campi

Avvertenza: Questo è un testo ironico e può non rispecchiare necessariamente la vita reale dell’autore o rappresentare il pensiero di Senzaudio. Fatti e persone in esso descritti sono casuali. Oppure no.

“Oggi non so cosa scrivere” (cit.)

A casa mia esiste una metodologia di lavoro ben precisa: a livello di progettazione, mia madre dice cosa si deve fare, mio padre mi chiede di aiutare, io non ho mai voglia. Può sembrare qualcosa di poco conto, ma vi assicuro che le risultanze sono tutt’altro che disprezzabili.

In primo luogo si ha sempre la garanzia di un risultato scontato: tutto finirà sempre e comunque in una discussione che permetterà di arrivare all’ora di cena. In secondo luogo l’efficacia della progettazione non è mai lasciata al caso: in qualsiasi lavoro, ognuno di noi ha una funzione ben precisa. Penso sia tutto pre-ordinato, e in un certo senso è rassicurante: sai sempre come andrà a finire.

Andiamo avanti: visto che vi ho già descritto la fase di progettazione, passiamo a quella di realizzazione e quindi alle funzioni preordinate. Ci sono diverse varianti, ma una è la più frequente: la moglie (e madre) tende a distaccarsi temporaneamente dal cantiere in questione, poichè ufficialmente in altre faccende affaccendata, il marito (e padre) ne approfitta per poter finalmente comandare, e a me, che sono geneticamente irresponsabile per essere padre e indiscutibilmente impreparato per fare la madre, tocca il giramento di coglioni.

Il movimento rotatorio testicolare è stato negli anni oggetto di discussione: c’è una corrente lo mette direttamente in relazione alle cose utili da fare al posto di stare a smarronarsi come un garzone, un’altra che lo mette in relazione al rapporto conflittuale tra autorità padre-figlio. Io sono per la terza via: non c’è niente di più utile, necessario, inderogabile ed indispensabile di qualcosa che non puoi fare nel momento in cui sei impegnato in una attività che ti viene comandato di fare e che comporta l’obbedire a degli ordini.

E’ qualcosa di matematico: le grandi idee e i grandi bisogni nascono sempre quando si è costretti a fare qualcos’altro. Due esempi? Quando devi lavorare, hai bisogno di tempo libero. Quando devi dormire, hai le migliori idee per salvare il pianeta dalla crisi. Inutile dire che se invece di lavorare hai tempo libero, dopo due giorni a casa ti rompi le balle, mentre al mattino, siccome hai passato la notte in bianco a fantasticare sui problemi del pianeta, hai sempre troppo sonno per sbatterti a risolvere anche il minimo problema domestico. Altro che crisi planetaria.

Se comunque la fase rotatoria dovuta alla realizzazione di un progetto concepito in famiglia presenta teorie diverse, quella finale invariabilmente verterà su un’unica metodologia: dopo un periodo di tempo sufficientemente lungo da permettere di trasformare il movimento rotatorio degli zebedei in struttura adibita allo sviluppo di energia eolica, farà sempre, inevitabilmente, la sua ricomparsa il responsabile del via ai lavori. La donna di casa. E lei sempre si presenterà con un piano alternativo che trasformerà un progetto fondato sull’energia eolica in uno basato su energia nucleare: in tempo zero ciò che comunque era destinato ad andare all’aria, finisce con il saltare per aria.

L’inevitabile non esiste, direte voi, e sicuramente ci sarà un modo per impedire tutto questo. Concordo. Tre sono le vie: essere la sorella minore ed evitare di essere chiamata in causa, sposandosi (ma io non ho mai ritenuto mio cognato abbastanza attraente per fare il grande passo), avere la fortuna che la vostra partecipazione al progetto familiare non sia necessaria (ma l’ultima volta che è successo, nove mesi dopo è arrivata mia sorella minore, ovvero una catastrofe nel lungo periodo che va aldilà del vantaggio a breve termine), evitare la partecipazione a qualsiasi attività domestica con la scusa che si ha da scrivere un racconto come questo.

Adesso sapete perchè si diventa scrittori: per scrivere quello che vi pare, avere sempre l’ultima parola, ed evitare di dover aiutare in altre faccende fastidiose. Ci leggiamo settimana prossima.

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