Home Inchiostro Fresco - Recensioni di libri letti da Gianluigi Bodi Laura Pariani – Di ferro e d’acciaio -NNeditore

Laura Pariani – Di ferro e d’acciaio -NNeditore

by Gianluigi Bodi
Laura Pariani

Intro.

Quando leggo nelle schede di presentazione dei libri che sta per arrivare un altro romanzo distopico mi vengono i brividi. Ne ho letti molti, parecchi negli ultimi anni, alcuni molto buoni, con idee innovative e una buona trama, con risvolti sociali e analisi politiche. Altri, francamente, bruttini, tendenti al cliché, al trito e ritrito. Privi di anima. Una casa senza delle buone fondamenta.
Quindi, quando ho visto che NNeditore partiva da un romanzo cosidetto distopico per inaugurare la nuova serie “CroceVia” curata da Alessandro Zaccuri ho sentito il brivido salirmi lungo la schiena e il pregiudizio infilarsi tra le scapole. Poi, siccome continuo a ripetermi che i pregiudizi sono il male qualsiasi sia l’ambito che li ospita, ho preso il libro di Laura Pariani “Di ferro e d’acciaio” e ho iniziato a leggerlo.
Ho iniziato a leggerlo e non ho più smesso fino alla fine. E questi sono i motivi per cui, per me, questo libro vale cinque stelle su cinque.

Trama.

Preambolo. La serie di sette libri denominata “CroceVia” parte dall’idea che ci siano alcuni termini della nostra cultura che con il passare del tempo hanno cambiato forma. Hanno assunto nuovi significati, hanno perso il loro potere evocativo, sono diventati termini comuni, hanno perso la loro origine e così via. Termini che erano nati per descrivere un sentimento o un attimo molto preciso e che ora sono stati diluiti nell’utilizzo della lingua comune. Ogni libro ruoterà attorno a questo concetto di fondo. Il libro della Pariani eredita la Passione. Quello che fa l’autrice è rivisitare la Passione di Cristo portandola nel futuro. In uno dei possibili futuri in cui l’essere umano, invece di evolvere, si ritrae su se stesso e collassa.
Abbiamo quindi a che fare con una madre, tale Maria N., vestita a lutto e alla disperata ricerca del figlio Jesus N. che è stato rapito dalle forze dell’ordine in quanto considerato un cospiratore. Quella della madre è una vera e propria via crucis in cui, con la foto del figlio appesa al collo, cercherà di ritrovare il figlio. Un figlio che lei non riusciva a capire quando le cose non erano ancora precipitate, ma le cui parole ora sembrano più chiare. Le profezie del figlio si avverano. La parola di Jesus ha un senso e poco alla volta influenzerà anche gli altri. Troviamo poi altre figure bibliche conosciute. Judas e il destino che si è scelto. Tita a cui verrà estorta una verità fasulla. E poi non può mancare la scena dell’ipermercato in cui la Polizia Morale mette al voto la salvezza di un solo prigioniero mentre la folla urla “Uccidi, Uccidi, Uccidi!”. Sopra di tutti troviamo l’operatrice H748, Lusine, incaricata di sorvegliare con i nano droni Maria N. e di capire qualcosa di più dalla faccenda. Quello che capirà, alla fine, la cambierà.

Al di là dell’ottima rivisitazione in chiave distopica di uno degli episodi più importanti della tradizione cristiana io vorrei soffermarmi su alcuni punti che mi hanno profondamente colpito.

Il dialetto.

Il primo ha a che fare con l’utilizzo che Laura Pariani fa del dialetto lombardo. Sono due le cose che saltano all’occhio. La prima è che la Pariani porta la distopia in un terreno che solitamente non viene battuto. Le distopie classiche dipingono grandi metropoli, città enormi in cui il linguaggio viene omologato verso l’alto. Le parole utilizzate sono poche e quasi prive di emozioni. La Pariani invece porta la distopia in provincia, con un uso dell’intercalare dialettale costante e martellante. La lingua fornisce un contesto più vicino alla nostra esperienza personale. La seconda cosa è che il dialetto diventa quasi un filo che lega il presente distopico con il passato dei nonnàvi in cui le cose erano diverse. In cui si poteva ancora parlare senza dover sottostare alla regola del silenzio, dove si poteva leggere un libro, dove si poteva ridere o avere qualcuno a cui confidare un turbamento.

Desaparecidos.

Il secondo punto che mi ha colpito fin dall’inzio è un certo parallelismo che mi sembra di aver colto tra la ricerca ossessiva di Maria N. e quella delle madri dei desaparecidos, le madri di “Plaza de Mayo”. Madri che a distanza di decenni ancora lottano per ottenere giustizia, per non lasciare che i propri cari torturati e uccisi siano dimenticati. Il dolore che prova Maria N., lo stesso dolore provato da Maria, lo stesso dolore della madri di “Plaza de Mayo”, lo stesso dolore di qualsiasi madre alla quale abbiano strappato un figlio, quel dolore è universale e deve essere raccontato.

Riconoscere il passato nel futuro.

Un’ultima cosa sul libro. Ci sono dei temi che spesso vengono trattati nei libri di questo genere. La parete TV, la mancanza di un pensiero originale e l’inclusione in un pensiero unico e omologato, i libri come virus, la necessità di essere uguali per salvaguardare la specie e la privazioni dei diritti fondamentali dell’uomo. Nel libro della Pariani questi temi sono toccati, a volte appena sfiorati, ma la cosa che davvero può essere utilizzata come insegnamento è che tutto ciò che lei racconta declinandolo al futuro è già successo nel passato e sappiamo a cosa ha portato. I roghi dei libri, le retate indiscriminate, il pensiero di regime, l’omologazione forzata, tutto è già successo e non dovrebbe essere relegato nel passato, fatto ammuffire o ricordato come qualcosa che non ci appartiene più. Appena si dimentica la storia essa si ripete.

Per concludere.

Di ferro e d’acciaio” è davvero un ottimo libro. Un libro che consiglio di leggere a tutti. C’è un lavoro sulla lingua molto preciso, una narrazione avvincente, un’atmosfera pesante che come la cappa di un temporale gira sopra le nostre teste. E’ un libro da leggere ora, ora che le cose si stanno riproponendo come in passato, ora che ricordare e capire è ancora più fondamentale.


Laura Pariani (1951) vive a Orta San Giulio. Dagli anni Settanta si dedica alla pittura e al fumetto; dal 1993 si è occupata soprattutto di narrativa e di teatro. Tra i suoi ultimi romanzi: Nostra Signora degli scorpioni (insieme a Nicola Fantini, Sellerio 2014), Questo viaggio chiamavamo amore (Einaudi 2015), “Domani è un altro giorno” disse Rossella O’Hara (Einaudi 2017), Caddi e rimase la mia carne sola (Effigie 2017).

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