Harry Parker – Anatomia di un soldato

by Gianluigi Bodi

Vorrei sgombrare il campo dall’ipocrisia. Dopo aver visto Harry Parker dal vivo mi sono chiesto quando di ciò che è scritto ne “L’anatomia di un soldato” sia corrispondene al vero, sia quello che l’autore ha vissuto sulla sua pelle. Però, c”è un però abbastanza grande, dopo averlo sentito parlare mi sono reso conto che la cosa non aveva la minima importanta. E’ evidente che l’esperienza privata dell’autore ha influito sulla scelta dell’argomento e sul modo in cui la storia è stata scritta, ma è altrettando evidente che il libro prende dei percorsi talmente extra corporei da non avere bisogno dell’autore per essere considerato un capolavoro del genere.

La prima cosa che salta all’occhio è che il romanzo è narrato in prima persona. Non una singola prima persona. Una moltitudini di prime persone che danno voce agli oggetti. Scarponi, batterie, orologi, materiale medico, onde d’urto e esplosivi. Uno sguardo sul particolare che, saltando da un capitolo all’altro, ha il potere di diventare quasi uno sguardo generale. Come se gli oggetti facessero parte di una rete interconnessa nella quale l’uomo è solo una comparsa. Un oggetto ulteriore che può solo incontrare il proprio destino.
Un susseguirsi di cambi di scenari e di protagonisti che non segue una linearità temporale, ma che salta da un punto all’altro nel tempo e nello spazio e rende questo romanzo particolare nel suo poter essere letto partendo da qualsiasi punto.
Gli oggetti raccontano, non giudicano. Danno un resoconto privo di inflessioni su ciò di cui sono testimoni. La pietà però esce alla lunga. Pietà per chi esplode, pietà per chi fa esplodere. Pietà per il nemico, chiunque esso sia. Perché, come ha detto Harry Parker, non è giusto che una persona salti in aria su un ordigno artigianale nascosto con l’intento di provocare danni irreparabili, ma non è giusto nemmeno un drone che sgancia una bomba. Non c’è un modo di combattere che sia giusto.

Gli oggetti raccontano la storia di Tom Barnes, un giovane capitano dell’esercito britannico di stanza in Afghanistan, ma racconta anche la storia dei nemici sul campo. Volti che scompaiono nell’oscurità, ragazzini reclutati per poche banconote, famiglie devastate da una guerra subita alla quale non vorrebbero prendere parte. E’ qui che giace la pietà, la comprensione. E’ qui che, nell’incontro tra nemici trae linfa l’unicità di questo meraviglioso libro. Un altro segnale che il 2016 sui libri è stato speso bene.

Per quel che mi riguarda il 2016 di BigSur è stato un anno di prova. Quelli di Sur hanno preso la rincorsa e, da quello che ho visto nel loro calendario dell’avvento, nel 2017 potrebbero molto facilmente spiccare il volo.

Non che serva dirlo, ma la traduzione di Martina Testa è semplicemente perfetta.

Harry Parker (1983), figlio di un generale inglese che è stato vicecomandante delle forze Nato in Afghanistan, si è arruolato a sua volta nell’esercito britannico a 23 anni e ha prestato servizio col grado di capitano nel 2007 in Iraq e nel 2009 in Afghanistan, dove in seguito all’esplosione di un ordigno ha perso entrambe le gambe. Vive a Londra, dove ora si dedica alla scrittura e al disegno.

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