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Benjamin Markovits – Esperimento americano

by Claudio Della Pietà

“Ogni volta che si torna a casa ci si sente un po’ più vecchi, ogni volta che si riparte ci si sente di nuovo giovani.”

Tutti i giorni, numerosi appassionati, lettori forti, professionisti del settore editoriale e altri ancora, parlano e scrivono di un determinato libro di prossima uscita, di una novità assoluta, di un classico riscoperto.
Io ne ho individuato uno tra la fine del 2017 e l’inizio del nuovo anno, del quale però non sento parlare. Nonostante.

Vi presento “Esperimento americano” scritto da Benjamin Markovits e pubblicato dalla casa editrice 66thand2nd. Il titolo da già un paio di indicazioni e se poi ci si informa un po’ si scopre che è molto in linea con ciò che si dice dell’autore, sul suo percorso di scrittore, sui luoghi in cui ha vissuto, tra Stati Uniti e Inghilterra, dove abita oggi con la sua famiglia. Ho letto anche che la sua scrittura viene definita cerebrale, a volte addirittura claustrofobica. Io, prima di incontrare queste definizioni, e avendo letto solo questo dei suoi sette romanzi, posso dire che il libro in questione si rivela pagina dopo pagina, prima affascinante, poi drammatico e pure folle. Sono esattamente le stesse cose che trovai non molto tempo fa in un altro romanzo, che narrava anch’esso di una sorta di esperimento, ma dall’altra parte della cortina di ferro.

I protagonisti principali di “Esperimento americano” sono Greg Marnier, Marny per gli amici, e Robert James, due amici storici che crescendo si perdono di vista e si ritrovano alla rimpatriata per i dieci anni della laurea, una di quelle feste tristissime, dove fai e ti fanno la radiografia per capire se siamo gli stessi di tanti anni prima, per curiosare, per giudicare, per consolarsi di non essere come gli altri e alla fine tornarsene a casa ubriachi fradici, sperando di esserci ancora al prossimo giro di giostra.
Ma a questo di giro, esce un numero fortunato. Robert ha un’idea, una grande idea, magnifica e Marny, da poco adulto ma già vecchio dentro per le difficoltà che incontra nel dare senso alla sua vita, soprattutto lavorativa, abbocca subito.
Siamo a Detroit. E’ fondamentale la collocazione del romanzo, in una città prima famosa per lo sviluppo economico, per il settore dell’auto, centro del mondo per questi aspetti, e ora, al centro della storia di Markovits, quale origine di una devastante crisi economica e sociale. Detroit, come sicuramente altre realtà urbane degli Stati Uniti, è devastata, sembra una vera e propria zona di guerra, abitazioni distrutte o abbandonate, luoghi deserti lasciati all’incuria e alla distruzione di persone disperate, o in balia di eventi naturali che sembrano accanirsi su ciò che già è morto e sepolto. E Robert si inventa questo progetto: “Parti da zero in America”. Tutto si fonda sull’intenzione di ridare vita a territori come già detto rasi al suolo, deturpati, annientati da ogni punto di vista. Acquistare collettivamente, questi terreni, ricostruirci sopra abitazioni e servizi, e risorgere. Insieme. Questo è il termine forte. Insieme, collettivamente, sfruttando i nuovi mezzi messi a disposizione dallo sviluppo tecnologico quali i social, per aggregare quante più persone possibili, avendo la possibilità mentre le si aggrega di accoglierne alcune ed escluderne altre, perché questi mezzi ti permettono tutto ciò. E questa è una prima pulce nell’orecchio di cui faccio spudoratamente “spoiler”, ma che ciascun lettore attento avrebbe comunque individuato immediatamente.
Il progetto, affascinante da un lato come preannunciavo, fa acqua da un altro, e Marney se ne accorge presto. Ma siamo solo all’inizio. Robert James rimane un modello, un punto di riferimento.

“Non sarei tornato in Europa, questo almeno mi era chiaro. Era spuntato qualcosa dentro di me nelle ultime ventiquattro ore, qualcosa simile a un mal di schiena. Ci abituiamo a vivere un certo tipo di vita, continuiamo ad andare in una certa direzione, ma gran parte della pressione che ci sentiamo addosso è dovuta soltanto allo slancio.”

Marney passerà dall’impegno,

“So che oggi qui c’è gente che non è d’accordo con tutto quello che faccio, e non mi aspetto che lo sia. Ma su alcune cose possiamo essere tutti d’accordo. L’Esperimento americano non è ancora finito.”

all’autoconvicimento,

“Sono uno di quegli accademici alla deriva. Ho passato i miei vent’anni a cercare di ottenere un lavoro che non otterrò mai, e adesso non sono adatto a nient’altro. Ma fin’ora l’esperienza mi ha fatto bene. Sai, ci sono aspetti fondamentali di te stesso che non conosci, perché non vuoi affrontarli o perché non sei nella prospettiva giusta per guardarli. Ora sto cercando di guardare.”

alla follia?

“…la cosa inaspettata di questo tipo di vita è quanto spesso cambino le mie impressioni. Il mio punto di vista sta attraversando alterazioni e quando il punto di vista cambia si vedono cose che prima non si potevano vedere, aspetti diversi della realtà diventano evidenti.”

Ci sarà spazio per un po’ d’amore? Giudicate voi. Buona lettura.

“Passammo la notte insieme e anche il giorno dopo e la notte dopo ancora. Fu tutto molto casto e innocente. Sentivo che mi stavo innamorando, ma forse non solo di lei, anche di qualcos’altro, di un altro mondo, ma non succede poi sempre così quando ci si innamora?”

P.S. Questo mio racconto di lettura è stato concepito con la musica di Charlie Musselwhite, in particolare con “Strange Land” dall’album Juke Joint Chapel

 

Traduzione di Gabriella Tonoli.

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