Home Inchiostro - Recensioni di libri indipendenti e non. Dortmund, inferno e paradiso nel giro di un decennio

Dortmund, inferno e paradiso nel giro di un decennio

by senzaudio

Il poker di Robert Lewandowski al Real Madrid è solo l’ultima di tante perle inanellate dai gialloneri di Dortmund, che appena 7 anni fa rischiavano di fallire per via di gestioni economiche che, ogni anno, facevano segnare perdite di bilancio inaccettabili ed insopportabili per le casse del club. Mentre oggi fanno segnare 34 milioni di utile netto ed il 40% in più del fatturato (a quota 200 milioni di euro) che vale il nono posto nella speciale classifica. Eppure, nel 2003, il Borussia Dortmund comincia a presentare i primi segni di cedimento: stipendi troppo alti, rendimento scadente nonostante i grandi nomi in squadra e la discesa in Borsa, prima società sportiva tedesca a farlo, nel Frankfurt Stock Exchange con le azioni che partono da una quotazione di 11 euro e finiscono per perdere l’80% del loro valore. La squadra va malissimo, addirittura il Bayern Monaco deve intervenire per scongiurare il fallimento prestando diversi milioni di euro per il pagamento degli stipendi. Bisogna fare qualcosa, qualsiasi cosa, anche vendere lo stadio: un gesto dal quale ripartire.

Il Westfalenstadion viene ‘affittato’ per 10 anni alla Signal Iduna, gruppo industriale tedesco, che dà il nome all’intera struttura. Il primo passo, assieme ad un prestito ricevuto dalla Morgan Stanley, è stato fatto, ora bisogna rifondare la squadra e cercare di risalire la china. Nel 2007 il Borussia centra la qualificazione in Coppa Uefa dopo aver dovuto cedere il giovane Odonkor e la coppia ceca Rosicky-Koller; l’anno dopo viene posta la prima pietra di quello che sarà il successo ‘made in Dortmund’, con la firma di Jurgen Klopp che si siede così sulla panchina giallonera. I primi risultati sono incoraggianti: Supercoppa di Germania vinta contro il Bayern nel 2008 e ritorno in Europa, mentre il Signal Iduna Park diventa lo stadio più caldo d’Europa e raggiunge nel 2011 la stratosferica media di 80478 spettatori a partita (il 97% della capienza complessiva).

I tre trofei arrivati nel biennio 2010-2012 (due campionati ed una Coppa di Germania) sono il risultato di una gestione oculata dei calciatori e delle finanze societarie: il clima instaurato in Vestfalia, improntato all’acquisto di giovani in giro per l’Europa e lavoro sul vivaio dal quale sono usciti Nuri Sahin, Marcel Schmelzer e per ultimo Mario Gotze, fresco di cessione al Bayern Monaco per ben 37 milioni di euro. Sono arrivati giocatori funzionali al progetto di Klopp: nel 2008-09 Subotic e Santana (per 6,8 milioni complessivi); nel 2009-10 Hummels, dal Bayern Monaco peraltro, e Bender per circa 6 milioni; nel 2010-11 il capolavoro con Lewandowski e Piszczek arrivati per 4,75 milioni, Kagawa acquistato a soli 350mila euro e rivenduto a peso d’oro al Manchester United per circa 16 milioni. Poi c’è, nel 2011-12, Gundogan per 5,5 milioni ed infine Reus, l’unico acquisto che supera i 10 milioni di euro (ben 18, l’esatto importo della clausola rescissioria che lo legava al Moenchegladbach). Tutti titolari assieme a Roman Weidenfeller e Sebastian Kehl, unici due reduci dell’intero ottovolante chiamato Borussia Dortmund, dall’inferno al paradiso nel giro di dieci anni.

In Italia, invece di prendere spunto, si preferisce puntare sul portfolio di agenti illustri e su osservatori che propongono calciatori dal dubbio valore. Tutto questo senza parlare della questione-impianti, altrimenti non si finisce più. Meglio parlare del calcio giocato.

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