Come i maggiordomi

by senzaudio

I numeri difficilmente possono mentire. Oltre 370 feriti l’anno. Sono arbitri di calcio, spesso molto giovani, che nel weekend prendono in mano un fischietto e dirigono le partite sui campi d’Italia. Sono dati terrificanti, fotografia di una situazione che sta peggiorando ogni anno.

Io sono dall’altra parte della barricata. Sono un allenatore, con gli arbitri mi devo relazionare ogni settimana. Mi fanno incazzare? Certo, pure molto, ma evito di esplodere. Perché alcuni sono arroganti, altri scarsi, altri ancora senza alcuna personalità. Mi ricordo sempre di ringraziarli, perché senza di loro non sarebbe possibile giocare. Questo dovrebbe essere il punto di partenza e anche di arrivo. Le loro decisioni, anche quelle più assurde, vanno accettate: ai giovani calciatori in erba bisogna insegnare il rispetto dell’autorità anche quando sbaglia e relazionarsi educatamente e civilmente con essa, va detto loro di pensare a migliorare se stessi e il rendimento della squadra.

Poi ci sono i genitori. Si comportano come se fosse allo stadio. Anche lì l’arbitro è il bersaglio degli insulti. Per questo assomiglia al maggiordomo: se ci deve essere un colpevole, il principale indiziato è lui. Sempre. I genitori, dicevamo, che insultano liberamente il direttore di gara: non sono parole che si perdono nella folla, c’è qualcuno, i propri figli, che sentono e assorbono. Non voglio un mondo delle fiabe: ci sta contestare l’operato anche con toni forti, ma senza mai esagerare nelle parole e passare ai fatti.

La colpa è del mondo dei grandi. L’arbitro è l’alibi degli sconfitti. Dirigenti, allenatori, calciatori che contestano platealmente il loro operato. Media che soffiano sul fuoco per vendere qualche copia in più. Succede ogni settimana da noi. Quando andiamo all’estero, zitti e mosca. L’arbitro fischia e non si protesta. Quei numeri, quindi, non mentono. Mettono paura. Finirà che nessuno vorrà fare questo strano mestiere, spinto solo dalla passione. E allora che si farà?

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