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24/7 il capitalismo all’assalto del sonno di Jonathan Crary

by senzaudio
Jonathan Crary

Consigli per la lettura: leggere prima di mettersi a dormire e non farsi prendere dal panico.

La mia collaborazione con Senzaudio è iniziata un lunedì sera alle 22:57. Dopo un’ora di chiacchierata conoscitiva con il responsabile del sito ci siamo salutati con “buona non dormita”, perché né io né lui saremmo andati a dormire da lì a poco. Proprio in quei giorni affrontavo le dense pagine di 24/7 il capitalismo all’assalto del sonno di Jonathan Crary, edito da Einaudi e tradotto da Mario Vigiak. Il collegamento è stato inevitabile, proprio come le ore di sonno portate via dalla lettura del testo stesso, breve ma oltremodo intenso. Per uno che insegna arte moderna come Jonathan Crary, non può che essere la realizzazione di un obiettivo, ovvero trasferire la potenza comunicativa di un’opera d’arte a una delle massime espressioni di comunicazione: l’oggetto libro.

Raggiunta la metà del volume, ho deciso di interrompere la lettura e lasciar sedimentare le impressioni realizzate a riguardo. La domanda che più di ogni altra mi tormentava era la seguente: ma davvero è questa la modalità in cui si realizza il progresso della società contemporanea? Se siamo schiavi del tempo, lo siamo delle nostre stesse azioni, quindi – in definitiva – della vita. La riflessione, sempre più ampia, si allargava a considerazioni filosofiche ed etiche, oltre che sul senso di giustizia di questo fenomeno, non più appartenente solo a ragioni prettamente economiche, ma sconfinato anche nelle nostre vite private. D’altra parte, il tempo a disposizione non è abbastanza per realizzare tutto ciò che si vorrebbe e a questo problema si aggiunge la diabolica rete di possesso in cui la tecnologia dell’oggetto ci ha intrappolati, rendendoci dipendenti dalla connessione e da tutto ciò che ne consegue. Mai profezia di David Foster Wallace, allora, potrebbe essere più attuale, proprio in questi giorni in cui nelle sale è uscito The End of the Tour, tratto da Come diventare se stessi di David Lipski, edito da Minimum Fax e tradotto da Martina Testa.

Ho ripreso la lettura di 24/7 solo una volta raggiunta la consapevolezza della caducità, e grazie ai ragionamenti di Crary ho imparato a guardare tutto questo lavorio no stop come a un’opportunità, svincolandomi dall’ansia di avere tutto sotto controllo. Crary parla di «concepire un rapporto creativo fra tecnologia e realtà sociale». Sapienti, anche in questo passaggio, i riferimenti dell’autore alle aspettative, alla competizione, al deficit di attenzione e all’iperattività, che impediscono di comprendere il senso del tempo secondo un regolare ordine cronologico, dettando invece tempi scanditi da ritmi alternativi e di difficile mantenimento.

Ciò che più colpisce di questo piccolo volume sono i numerosi riferimenti culturali presenti al suo interno; riferimenti dal mondo dell’arte, della letteratura (vedere Philip Dick già tra il 1964 e il 1970), dalla filosofia, dal cinema (per esempio Blade Runner), dalla sociologia (vedere alla voce Bauman). C’è davvero bisogno di tutti questi pensatori per affrontare il potere dello schermo, la suggestione, le apparenze, l’appiattimento e quello smettere di essere cittadini per subordinarsi a sudditi. Tutto ciò in un’eterna ripetizione, assuefazione di uno spirito spinto all’automatismo pur di ottenere presenza e rilevanza sociale. L’unica via d’uscita auspicata è l’autoregolazione.

In conclusione desidero raccontare un’esperienza personale che mi è capitata non più tardi di qualche giorno fa. Tornato a casa intorno alle due di notte non riuscivo a prendere sonno, allora sono uscito per fare la spesa in un supermercato aperto 24/7. E’ stata la mia prima volta e ammetto di averlo trovato piacevole. Ora, non sono sicuro che il capitalismo abbia completato il suo assalto al mio sonno, ma ha ragione Crary nelle battute finali del libro a dire che «il 24/7 offre l’illusione di un tempo senza attesa» aggiungendo che c’è la possibilità che l’aspettative di un futuro libero dal capitalismo cominci proprio nei sogni e nelle fantasticherie. Prima però – per essere davvero liberi – è necessario dormire, ma abbiamo bisogno di ammettere al nostro ego che tanto il mondo va avanti anche senza di noi.

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