Home Inchiostro Fresco - Recensioni di libri letti da Gianluigi BodiOpinioni letterarie non richieste Dieci sottospecie di intellettuali di cui non sentivamo la necessità

Dieci sottospecie di intellettuali di cui non sentivamo la necessità

by Angelo Orlando Meloni

“Leggiamo poco, che tempi, che tempi, ai miei tempi”, e ci ritroviamo sempre lì, a parlare dell’età dell’oro in cui i capolavori crescevano sugli alberi e anche gli animali domestici erano abbonati al club degli editori. Ma l’età dell’oro è finita e ha lasciato in dote alle librerie dieci sottospecie di “intellettuali” di cui nessuno sentiva la necessità.

L’uomo che odiava i racconti
All’inizio si comportano come lettori normali, però se gli dici “questa è una raccolta di racconti” escono dal bozzolo e fanno una faccia come avessi detto “morirai presto tra indicibili sofferenze, brutto bastardo” e fuggono terrorizzati. Non c’è niente da fare, i racconti sono quella cosa che piace a tutti tranne che ai clienti di una libreria, dobbiamo farcene una ragione.

Il classicista
Entra in libreria solo per dire che “non ci sono più i libri di una volta” e che lui legge solo classici. Non compra mai niente, ma non rinuncia a un giro per gli scaffali con fare censorio per poi concludere “che tempi, che tempi, ai miei tempi”.

Il sinistrorso
Il sinistrorso entra in libreria solo per dire che “la cultura è morta” e che le librerie moderne sono supermercati. Non compra mai niente, ma non rinuncia a fare un giro per gli scaffali sulle ali dei suoi sandali per poi concludere con un “che tempi, che tempi, ai miei tempi” poco prima di andare a sbattere contro il classicista.

Il pasoliniano
Per lui tutto è Pasolini. L’inizio e la fine di tutte le cose. Il perno del mondo. Nonostante questo, puoi anche costruire un altarino, ornandolo con tutte le edizioni mondiali del suo idolo, ma il pasoliniano entrerà in libreria solo per far notare che “la letteratura è morta”. Non compra mai niente e l’ultimo film del Maestro lo ha visto ai suoi tempi, ragion per cui non ricorda granché della faccenda, a parte che sono opere “importanti”.

L’autore di m.
L’autore di m. ha scritto un libro (a volte, dieci libri) pubblicato dal famigerato editore Prendo i soldi e scappo di Borgobello Maggiore di Sotto. Non ha mai, ripeto mai, comprato un libro in nessuna libreria italiana o straniera, ma si presenta lo stesso a tutti i librai che è in grado di raggiungere con una pila di venticinque copie del suo “capolavoro”. Privo di vergogna com’è, spesso pretende che il suo romanzo autobiografico intitolato Va’ dove ti porta via Piave e la sua silloge intitolata Il cuore e l’anima siano esposte in vetrina al posto dell’ultimo romanzo di Stephen King, Donna Tartt o Jonathan Franzen.

L’antiamericano
L’antiamericano è trasversale e metamorfico. A volte è pure un classicista, o un sinistrorso sandalizzato anche d’inverno, ma sempre corroborato dal suo odio per gli yankee. Altre volte è una coppia a risponderti in coro “Vade retro, America!”, lei con la pettinatura del 1981, lui con il trench del 1979; e sono già abbastanza nervosi – va detto – per aver scoperto che il centro storico è stato chiuso al traffico da una ventina d’anni. Altre volte ancora a protestare contro i gringos è un diciannovenne in lotta contro il mondo, animato da astratti furori, a cui Max Stirner fa un baffo. Oppure si tratta d’un nostalgico del ventennio fiero della sua diversità in quest’Europa governata dalla banche. Non importano le differenze tra i vari soggetti, essi sono tutti affratellati da un odio sano, puro e sincero per la letteratura americana. “Nordamericana”, precisano se interrogati, perché in genere quella sudamericana, a loro, piace da impazzire. Salvo poi fare una faccia così e fuggire terrorizzati se il libraio gli propone una raccolta di racconti firmati da Borges.

Il penitente
Il penitente è un peccatore che usa la letteratura come fosse un cilicio. Deve espiare le sue colpe e ha realizzato che i libri noiosi possono aiutarlo nel difficile percorso verso l’espiazione. Già Dostoevskij, per lui, puzza di cultura pop, a momenti. L’unica cosa che conta sono il dolore, il sudore, lo struggimento. Ogni tanto si arrischia a comprare un libro per regalarlo a qualche anima in pena bisognosa di soccorso spirituale e quindi si aggira tra gli scaffali tutto schifato, perché per lui la letteratura contemporanea è il male assoluto. Alla fine, se proprio è obbligato dalle circostanze e dagli obblighi sociali, compra un Dostoevskij qualsiasi e se lo fa incartare.

Il pedagogico
Parente stretto del penitente, il pedagogico usa però la narrativa, rigorosamente classica e certificata DOP, come se essa corrispondesse a un manuale di matematica o di fisica o di chimica. Per lui un romanzo deve contenere preziosi insegnamenti, va bene anche se arcani e riposti, altrimenti niente certificazione. Spesso il nostro non ha mai letto un libro scientifico in vita sua, ed è convinto che solo leggendo romanzi e racconti placherà la sua sete di sapere. Se gli punti contro un volume qualsiasi della Biblioteca Scientifica Adelphi reagirà come i vampiri davanti al crocefisso.

Lo smemorato di Collegno
Figura dai contorni mitici, sempre in cerca di un libro di cui non ricorda il titolo né il nome dell’autore. Vaga come un’ombra senza pace per tutte le librerie della città alla ricerca del suo misterioso volume.

Il tubista
Convinto che i libri siano stati inventati dopo gli youtuber, si aggira per gli scaffali in cerca dei suoi eroi, ma è l’unico che ogni tanto compra ancora qualcosa.

Ka mate
Secondo una profezia, dopo che tutte e dieci le predette categorie si saranno incontrate contemporaneamente all’interno di una libreria di catena, lo smemorato di Collegno ricorderà il titolo del libro misterioso. Effettuata una danza rituale, l’orda immolerà il tubista su di una pila di classici per purificare il mondo e andrà all’attacco degli scaffali per nettare i nostri comodini della nequizia che vi abbiamo depositato.

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