Tutto ciò che non conosciamo ci ossessiona: come sarà il tempo la settimana prossima (non a caso si parla di “previsioni”), in cosa consisterà il prossimo compito in classe/esame/briefing etc, quanta acqua ci sarà sul nostro pianeta tra dieci o vent’anni e così via.
In breve, siamo continuamente ossessionati dalla più grande incognita: il futuro.
Ogni secondo che passa ci si avvicina sempre più al futuro, per poi sorpassarlo con sorprendente rapidità, e di nuovo, avvicinarsi ad un futuro ancora più lontano, e così via.
In quest’ultimo mese, che ha cambiato e continuerà a cambiare, pian piano, la mia vita, non ho potuto fare a meno di notare quanto le persone attorno a me si siano preoccupate di pormi diverse domande sul mio futuro, come la più classica “Ed ora che ti sei laureata, cosa farai/cosa hai in mente di fare/che progetti hai?”. Se lì per lì avrei voluto dare la più scontata, quanto ridicola, delle risposte, del tipo “Credo mi rintanerò a letto fino alla prossima primavera” (prospettiva allettante ma, purtroppo, fantascientifica!), o, in alternativa, limitarmi ad alzare gli occhi al cielo, ho ripetuto più e più volte quali penso (e spero) saranno i miei progetti futuri. Tuttavia, ho rimurginato a lungo sull’idea del futuro.
Premettendo che, secondo me, con “futuro” intendo, come detto sopra, ogni secondo che passa, mi chiedo quanto possa essere più importante di quel momento che, al contrario, ritengo io sia fondamentale: il presente. Perché, a questo punto, ci si preoccupa tanto del “dopo” senza focalizzarsi sull'”adesso”?
Questa mia breve, e probabilmente anche inutile, riflessione di certo non interromperà di colpo il naturale flusso di domande che attanagliano da sempre gli studenti, dalle scuole medie (“E adesso in quale liceo/istituto ti iscrivi?”), alle superiori (“Ora che hai finito proseguirai con gli studi universitari o ti immetterai nel mondo del lavoro”) – piccolissima parentesi: quale mondo del lavoro? – fino all’ultimo traguardo, l’università (“Quante materie ti mancano? Hai già scritto la tesi?”) e, avendo da poco terminato gli studi, posso dire, a tutti i futuri dottori/dottoresse: con la mente e il cuore, SONO CON VOI.
Ovviamente non è necessario ottenere un titolo di studio per essere assaliti da simili domande: chiunque abbia avuto, volente o nolente, idea di metter su famiglia avrà avuto lo stesso problema. Chiedetelo a chi si è appena fidanzato/a (“E quando sarà il grande giorno?”) e a chi ha appena detto sì (“Congratulazioni! A quando i figli?”). Infine, chiedetelo a chi ha avuto figli, e vi accorgerete che il tremendo girotondo delle domande sulla scuola si ripeterà. A quel punto capirete perché Jean-Luc Picard di Star Trek si mette le mani in testa.
Giunta alla fine di questo breve articolo/sfogo (e vi chiedo perdono per tutto ciò), voglio chiederlo a voi, cari lettori: perché siamo/sembriamo così ossessionati dal futuro?
E soprattutto, perché non ci limitiamo a goderci il caro, sfuggevole presente?
P.s. qualora vogliate commentare con episodi analoghi al mio, li leggerò con piacere.