Paratesto:
Iniziamo dalla fine, vi va? E anche se non vi va, non ci potete fare nulla, eccetto chiudere il sito, ma ve lo sconsiglio, mica per me, per il libro di cui si parla, che è un libro che deve essere raccontato e accolto tra le braccia.
Iniziamo dalla fine, dicevo. Alla fine del libro, nell’ultima pagina stampata, una piccola riga scritta in inglese dichiara: This book is printed by the sun…
Non basta. Questo libro non è solo stampato dal sole, questo libro è sole, con la sua copertina gialla, luminosa, piena di vita e di gioia che fa da porta d’ingresso ad un libro altrettanto pieno di gioia...
Testo:
La gioia è un tratto caratteristico dell’opera di Cortazar. La gioia giocosa che assapori leggendo qualsiasi cosa lui abbia scritto, la gioia inventiva che deve aver provato lui a scrivere le sue pagine meravigliose. Quello spirito da bambino che lo portava a rompere le regole, ad aggirarle e farsene beffa. E in fondo, perdonatemi, non ha scritto un libro che si chiamava “Rayuela, il gioco del mondo”?
Quando si parla di “Un certo Lucas” si ha la tendenza ad iniziare dicendo che non si tratta di un romanzo, non è una raccolta di racconti, non è un saggio. Ecco, si parte da “non è”, da quello che non rappresenta. Ma non ci dovremmo stupire perché Cortazar ci ha già abituato ad esempi di letteratura che apparentemente “non è” nulla di già visto prima. E forse il punto di forsa della sua letteratura è quello di non rappresentare il già scritto, ma di compiere un passo all’interno del regno di ciò che ancora vale la pena scrivere (e per quel che ci riguarda, leggere).
A me piace pensare che “Un certo Lucas” sia un ritratto ad acquarello di uno degli alter ego di Cortazar. Lucas, per la precisione. Lucas che ci spiega quali sono le sue opinioni, che ci racconta qualche sprazzo della sua vita quotidiana, che ci spiega la musica, la cacca (Dio dovevate esserci a Torino a sentire Fabrizio Gifuni) e pure la droga (tenete bene a mente la copertina). Anche le schegge più brevi possono tenerti incollate alla pagina per lunghi minuti di contemplazione. L’irriverenza, l’ironia, la perfidia, a volte, ti strappano sorrisi a catena.
E’ un diario, il suo, un opinionario anche, una serie di frammenti scomposti che alla fine, visti da una giusta distanza, ci mostrano un immagine meravigliosa. E per me che amo Cortazar da tempi non sospetti, questo continuo scherzetto letterario che ci gioca è una gioia senza fine. Mi spingo fino al punto di dirvi che, proprio come Rayuela, potreste iniziare a leggerlo da un punto qualasiasi e prendere una direzione qualsiasi senza che il testo ne subisca danno alcuno.
Ci sono scrittori che è bello leggere perché diventano una pietra di paragone per tutto quello che entra in libreria. Per la capacità di inventiva e la genialità argentina, Cortazar è quella pietra di paragone che fa soccombere parecchi concorrenti.
E non me ne vogliate, ma per me Cortazar, prende un foglio di carta, lo piega per bene quattro o otto volte, lo tagliuzza apparentemente senza senso e quando lo riapre vi fa trovare un’opera d’arte che non avevate mai visto prima.
Coordinate:
Sur edizioni sta facendo un lavoro immane per recuperare, proporre e riproporre testi della letteratura latino americana. Al fianco di libri come “Prima della fine” per i quali è stata commissionata una nuova traduzione che andasse a sostituire la precedente non più all’altezza, ce ne sono altri che sono delle vere opere prime e che quindi vengono scoperti dal pubblico italiano per la prima volta. In entrambi i casi è un grande lavoro che impegna tanto tutti quelli della redazione. C’è una bellissima intervista su Rivista Tradurre che vi spiega perfettamete i meccanismi interni al funzionamento delle opere Sur. A parlarne è Marco Cassini, il grande boss. Qui il link.
La traduzione è stata data nelle mani di Ilide Carmignani alla quale vorrei poter dimostrare tutto il mio rispetto per aver tradotto il mio Julio e averlo fatto rispettando la sua bellissima voce. Ed è forse questo il fatto che mi ha colpito di più. Di Cortazar ho letto molto, ogni volta che prendo in mano un “nuovo” libro, ho bisogno di risentire una voce familiare. In questo caso mi ci è voluta una pagina e mezza per ritrovarla.
Eh, Julio Cortazar…che dire. No davvero, che dire di lui? Se volete parto con un pistolotto su come sia uno dei più grandi scrittori argentini di sempre, su come sia anche uno degli scrittori argentini più europei di sempre, su Rayuela, Il persecutore, Storie di cronopios e famas, il viaggio premio, i cosmonauti della ….ma anche no. Julio Cortazar merita di essere ricordato da gente molto più brava di me. Posso solo dire che lo amo e quando si ama si è disposti a perdonare anche i difetti. Il suo più grande difetto è che è morto.
Una nota a margine. Se vi piace la copertina, tanto quanto è piaciuta e me (non posso dire che non avrei comprato il libro se avesse avuto una copertina diversa, ma posso dire che credo che la copertina, così com’è, sia la degna compagna del contenuto che contiene) dovete ringraziare Riccardo Falcinelli e il suo progetto grafico.
Post scriptum:
Se siete andati al solone del libro di Torino e avete avuto fortuna (come il sottoscritto) vi sarà capitato di ascoltare Fabrizio Gifuni leggere, ma che dico leggere, recitare alcuni estratti da “Un certo Lucas”. Io, al solo pensarci, ho ancora la pelle d’oca. Non sono un amante dei reading, perché spesso chi sa scrivere non è altrettanto dotato con la l’espressività vocale, però, complice il fatto che Gifuni è un attore, sarei tornato allo stand Sur a comprarmi un altra copia del libro. Standing ovation. E qualche lacrima.