“La stanza aveva un odore buono, sembrava di stare dentro un albero”.
Il primo romanzo di Franco Vanni, giovane milanese che da buon barista mette nello shaker della sua vita professioni diverse, presenta quasi subito un intreccio interessante, curioso, variegato come un bel cocktail estivo, che raffresca i lati spiacevoli della vita. Il protagonista è Michele, uno strano ragazzo a cui il nonno, apparentemente saggio come si conviene, affida un incarico altrettanto strano. Michele non si pone troppi interrogativi, ascolta ed esegue, ma il tutto si fa quasi subito torbido, gravemente incomprensibile, finanche pericoloso. Ma figuriamoci se il nostro protagonista si tira indietro anzi, si fa avanti con decisione, urgono chiarimenti dal nonno.
Michele fa del clima ideale il suo lavoro principale. Sì. Lui crea situazioni, organizza contesti, gestisce consessi, nel modo più auspicabile, orientato alla perfezione, oltre il problem solving. Avete una grana, una difficoltà soprattutto con la burocrazia degli enti pubblici ? Michele è il vostro uomo. Non è difficile quindi per lui farsi coinvolgere, e a questo punto anche il romanzo entra in un clima ideale, con una scrittura che diventa, a mio parere, più fluida. Sembra proprio che l’autore si liberi di un peso gravoso, dichiarandoci quale sarà il nucleo della storia, svelandoci in anticipo l’assassino, mettendo sul tavolo una triste questione.
Il lavoro di Franco Vanni si rivela in un certo qual modo coraggioso, non solo per l’evidenza di cui ho appena detto, ma perché dentro questa storia c’è il coraggio di più persone messo in gioco in modi molto diversi, da ognuno dei personaggi, ma pur sempre coraggio.
Tempo altre 80 pagine circa, tante quante ne erano servite al nonno per dipanare i primi dubbi di Michele, e un’altra persona che della vita di Michele fa parte, fornisce ulteriore slancio alla storia. Si tratta di Caterina, compagna, amica, collaboratrice di Michele, non è ben chiaro il suo ruolo, ma certo il loro rapporto non si mantiene all’interno di un clima ideale, o forse non lo è per me, e forse a loro va bene così, fatto sta che si sta bene con loro, condividendo questo percorso che da Milano ci porta periodicamente in Serbia.
Da qui in poi si va in discesa, verso il disvelamento, verso la presa d’atto di un atteggiamento drammatico che possiamo assumere nel nostro vivere quotidiano, di un atteggiamento pericolosamente definitivo, che mentre butto giù queste poche righe, mi rendo conto di aver ben approfondito in un altro libro letto pochi giorni orsono. Non vi dico di quale storia si tratta. Leggete prima questo bel lavoro che Laurana Editore ha avuto il coraggio di proporci. Poi scrivetemi se volete, perché vale la pena leggere l’altro libro dopo “Il clima ideale”. Buona lettura.
“L’anno sabbatico e la fuga si somigliano. In tutti e due i casi quando parti pensi che tornerai indietro a fare quello che facevi prima, ma con nuovo entusiasmo. O che, al contrario, la tua vita avrà un’inattesa svolta positiva. Tutto quello che cade fuori da queste due ipotesi non ti conviene prenderlo in considerazione”.