Accanto al lavoro che Giovanni Turi, l’editore di Terrarossa, porta avanti con la collana “Sperimentali” in cui vengono pubblicati romanzi inediti, quasi sempredi autori esordienti, c’è quello che Turi fa per la collana dei ripescaggi denominata “Fondanti”. La definizione che l’editore ne dà e che è riportata nelle prime pagine di tutti i volumi di questa collana dice: “Collana che ripropone opere che hanno segnato un’epoca o hanno rappresentato un tassello fondamentale nel percorso narrativo di autori di talento”.
Nel caso di “Cuori di nebbia” di Licia Giaquinto, mi sembra che l’aspetto che più la inscrive all’interno di questa collana sia proprio il modo in cui è riuscita a fotografare un momento storico raccontando una storia profondamente radicata nel territorio. Ha raccontato un paese parlando di persone comuni con problemi e desideri comuni. Il racconto prende vita tra le campagne della pianura emiliana e segue la vita di un piccolo e ristretto gruppo di personaggi. Mirella e il marito Filippo, Natascia, Nicola, Francesco, Mirco e Patrizia. Si parte dal post incidente alla centrale atomica di Chernobyl che porta Natascia in Italia. D’estate infatti una coppia senza figli la accoglie nella loro casa per tenerla lontana dall’aria velenosa. Ma Natascia, il veleno, lo porta già dentro di sè e rischierà di distruggere quella famiglia. Anni dopo decide di ritornare in Italia con il fidanzato in cerca di fortuna, decide di prostituirsi. A questo punto la sua storia si intreccia con quella di Filippo che arriva a venerarla, a Mirella che tanto dispiaciuta non è (almeno all’inizio), a Nicola il guardone e agli altri personaggi. Ogni capitolo è narrato da una prima persona diversa e questo fa sì che “Cuori di nebbia” diventi una costruzione a incastro il cui disegno complessivo si riesce a scorgere solo alla fine. Le voci, inizialmente, sembrano non avere molto in comune, tolti ovviamente Mirella e Filippo che sono sposati, ma gli altri si avvicinano a poco a poco attirati da qualche forza incontrollabile in quello spiazzo in mezzo alla campagna dove Natascia si prostituisce e Filippo cade per lei. Attorno a questa storia principale ce ne sono altre. C’è chi fa il guardone, chi ha sviluppato un odio feroce per l’atto brutale della masticazione, chi è stato annientato dalla vita e chi ha deciso di separarsi da ogni bene terreno e vagare nella nebbia.
“Cuori di nebbia” è un romanzo corale costruito come una bomba a orologeria in cui tutti i meccanismi sembrano lavorare in modo armonico per arrivare alla detonazione finale. Come sottofondo c’è un paese, una nazione, che si è addentrata negli anni ’90 pieni di contraddizioni, di lusso sfrenato e voglia di vivere, ma anche della nave Vlora con il suo carico di immigrati albanesi. Un epoca di guadagni facili e forse di poco pudore.
“Cuori di nebbia” disegna molto bene quella fase storica del nostro paese senza però diventare obsoleto, infatti a distanza di quindici anni dalla sua prima pubblicazione ma di trenta dal periodo che racconta questo romanzo riesce a ricordarci che forse, dal passato non ci siamo mai staccati completamente.
Licia Giaquinto è nata in Irpinia, dove ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza, ora vive a Bologna. Ha esordito nella narrativa con Fa così anche il lupo (Feltrinelli 1993), a cui sono seguiti È successo così (Theoria 2000), Cuori di nebbia (Dario Flaccovio 2007, ora riproposto da TerraRossa Edizioni), La ianara (Adelphi 2010), La briganta e lo sparviero (Marsilio 2014). Ha scritto anche testi teatrali, l’ultimo è Carmine Crocco e le sue cento spose. È ideatrice e anima dell’associazione Aterrana – Ater Ianua che vuole contrastare il degrado e lo stato di abbandono del borgo storico di Aterrana (Av).