Paratesto:
Le copertine firmate Julia Binfield mi hanno abituato molto bene. Le scruto con calma e attenzione e mi immagino cosa possa racchiudere il libro. E lo stupore colpisce sempre come la prima volta, sì, perché, a chi sa ben guardare, ogni copertina Binfield racchiude in sé molto della natura del libro. Una sorta di anticipazione. Un voler entrare a passo lento nella storia dei nostri personaggi.
Testo:
Vorrei poter dire che uno dei problemi del protagonista del libro, Yabar, sia un falso problema. Se sei a Roma, parli romano, anzi, romanesco, allora è normale che tutti ti considerino romano. Però non è così e non è nemmeno il caso di fare gli ipocriti. Se vedete due tizi per strada che parlano, che magari se le mandano a dire in dialetto, voi potreste anche negarlo, ma il vostro cervello vi porterà a chiedervi da dove venga quel ragazzo di colore, da dove provenga la famiglia, quali siano le sue tradizioni, la cultura da cui proviene. Queste sono alcune delle domande che mi faccio quando sento il ragazzino di colore che abita nella mia via che prima di salire in treno batte il cinque agli amici e risponde per le rime alle loro battute. Fa di me un razzista? Non lo so. So che queste domande mi rendono consapevole che esiste un problema: l’identità.
Il problema dell’identità è dunque un problema che si trova nel mezzo. Tra gli occhi di chi guarda e gli occhi di chi è guardato. E’ un problema forte, spesso associato all’adolescenza, ma se sei un adolescente di colore in Italia questo problema diventa ancora più sentito.
Yabar ha una famiglia che considermo allargata. Vive con la madre, ha una zia acquisita (Rosa), anche lei di origini straniere e in più c’è la figlia di questa, Sissy. “Il comandante del fiume” di Ubah Cristina Ali Farah prende il via da questo intreccio famigliare e dall’assenza del padre di Yabar di cui non conosciamo la natura fino alla fine del libro. Certo, intuiamo le ragioni della sua assenza, ma fino a che non arrivamo a leggere le ultime pagine non abbiamo tutti gli elementi per mettere assieme il mosaico.
Yabar sarà quindi costretto a rivalutare la figura paterna e quella materna, sarà costretto a trovare una nuova forma di equilibro, una nuova vista sul mondo (e qui ci sta tutto il parallelo con il motivo per il quale Yabar è all’ospedale).
In realtà, Yabar è un ragazzo come tanti altri, con problemi simili a quelli che ho avuto io alla sua età. Una profonda sensibilità che cerca di mascherare con una dose massiccia di menefreghismo. Cerca di trovarsi equidistante da qualsiasi persone e da qualsiasi cosa per non correre il rischio di esserne emotivamente coinvolto. Probabilmente lo fa per proteggersi dal dolore della perdita. Visto che la perdita del padre lo sta ancora tormentando con le sua infinita lista di domande.
“Il comandante del fiume” è un libro in cui si intreccia il destino di un ragazzo, la sua ricerca interiore, il rapporto con le radici culturali e il desiderio di voler trovare un proprio spazio nel mondo in cui poter essere sè stessi.
La scrittura di Ubah Cristina Ali Farah è molto piacevole, amichevole vien voglia di dire. Una narrazione che ti accopagna per mano e ti fa sentire a tuo agio.
Piccola nota finale. “Il comandante del fiume” si riferisce ad una leggenda somala che io ho trovato molto bella. Lascio che sia la vostra lettura a scoprirla.
Coordinate:
66thand2nd rappresenta molta della buona letteratura che mi è passata per le mani in questo 2014. Rappresenta anche almeno un paio di saggi sportivi che mi hanno tenuto enorme compagnia. In pratica, mi verrebbe da dire, esagerando, che tutto quello che fa 66th è bene. Ho scoperto di recente che la casa editrice ha intenzione di manterene costante il livello di pubblicazioni anche per il 2015. Il che significa che, oltre ad aspettarmi più o meno lo stesso numero di libri di quest’anno, mi aspetto anche la stessa altissima qualità nella scelta delle opere da pubblicare. In fin dei conti, saturare il mercato con titoli pessimi è una strategia che non si addice ad una casa editrice indipendente.
Scrittrice e poetessa di padre somalo e madre italiana, Ubah Cristina Ali Farah è nata a Verona e cresciuta a Mogadiscio dall’età di tre anni fino al 1991, quando, a seguito alla scoppio della guerra civile in Somalia, si è trasferita all’inizio in Ungheria e poi in Italia. Il suo primo racconto, Interamente, è apparso nel 2003 su «El Ghibli», prima rivista italiana dedicata alla letteratura della migrazione e della diaspora. Ali Farah collabora con varie testate, tra cui «Internazionale», «la Repubblica», «Giudizio Universale». Il suo romanzo d’esordio, Madre piccola (Frassinelli) – sviluppato da un racconto vincitore del concorso Lingua madre al Salone Internazionale di Torino – si è aggiudicato nel 2008 il premio Elio Vittorini.