C’è qualcosa che mi prende allo stomaco, quando guardo la copertina di questo libro. Appena arrivato il libro, quell’immagine di copertina mi sembrava portasse della speranza, dopo aver letto il libro, non ne sono più così sicuro. È pur vero che ognuno interpreta a modo proprio le cose che legge, ma dopo aver chiuso “Genesi 3.0” mi è sembrato che quell’animale in copertina stesse guardando la nostra distruzione.
Ma lasciamo da parte per un attimo copertine e animali. La storia raccontata da questo libro è una storia che si riconfigura ad ogni capitolo, sembra procedere in linea retta eppure ci sono salti, frammenti, spezzoni in discesa e altri in salita. È una linearità fittizia, la storia si evolve mentre leggiamo, si rimodella come se una mano la stesse impastando, come fosse argilla. E soprattutto, la sensazione forte, quella che ti fa andare avanti nella lettura con avidità, è che le regole di causa e effetto siano saltate completamente dando al mondo un’aura di instabilità che mette angoscia.
La storia inizia ai margini di un bosco, inizia da Simon e dal Polacco. Non sappiamo che tipo di rapporto ci sia tra loro due, possiamo immaginare che questa informazione, come anche le altre, Angelo Calvisi decida di darcela al momento opportuno, quando saremo pronti ad accettarla. I due sembrano vivere in una sorta di clandestinità/cattività. Tra i due non sembra scorre buon sangue, Simon cerca tregua tra gli alberi del bosco dove spia una famiglia composta da uomo, donna e bambino e sembra di assistere ad uno studio antropologico, uno studioso che guarda la manifestazione culturale, di usi e costumi, di una tribù ormai sull’orlo della scomparsa.
Simon e il Polacco poi si muovono verso la città, quello che sulla pagina sembra un gigante di cemento in perenne distruzione e ricostruzione. Il Polacco mette le sue mani sulla città perché, senza fare spoiler, veniamo a scoprire che ha una grande influenza e che Simon potrebbe essere quasi considerato come l’erede di un potere.
L’atmosfera è claustrofobia, grigia. I personaggi sono temibili, nessuno di loro ispira calma e sicurezza, sembra che la minaccia possa arrivare da qualsiasi parte, anche dalla parte di Simon. Quella che racconta Angelo Calvisi può essere considerata una storia distopica, ma secondo il mio parere lo scrittore mantiene sempre l’equilibrio in modo da farci chiedere ad ogni pagina se quello che stiamo leggendo è parte di un futuro non tanto lontano, o pura evidenza del nostro presente quotidiano.
“Genesi 3.0” è un libro che lascia tantissimo spazio alle riflessioni e alle considerazioni, lascia anche una certa angoscia, ma anche quella, immagino, dipende dal tipo di lettore che il libro ha incontrato.
In conclusione mi va di citare Neo Edizioni che, per quel che mi riguarda, tiene sempre altissimo il livello della qualità dei libri che pubblicano. La collana “Iena”, di cui questo libro fa parte, non sbaglia un colpo.
Angelo Calvisi, genovese, nella vita ha svolto mestieri disparati: il giornalista, l’attore, il responsabile di un negozio di dischi e, tra il 2007 e il 2015, il cooperatore sociale. Dal 2015 al 2017 ha vissuto a Bonn, dove ha insegnato Italiano. Ha pubblicato saggi, graphic novel e diversi romanzi. Per Il geometra sbagliato (secondo episodio della sua “Trilogia dei Matti”) è stato paragonato ad autori come Volponi, Villaggio e Gogol. Nel 2018 è uscito al cinema Lazzaro, film che lo ha visto impegnato come attore e, assieme al regista Paolo Pisoni, come sceneggiatore. Con Adieu mon cœur(CasaSirio, 2016) ha vinto il premio “Quel libro nel cassetto”.
Genesi 3.0 è il suo ultimo romanzo.