Qualche settimana fa, la casa editrice Eris edizioni ha deciso di rendere pubblici i costi per la realizzazione di un libro, nello specifico un fumetto, scatenando un’ondata di commenti su Facebook. Dopo aver affrontato l’argomento in questo post, abbiamo deciso di intervistare Anna Matilde Sali, editor e co-fondatrice di Eris edizioni.
Innanzitutto grazie per aver accettato l’intervista, ci tenevamo a discutere con voi in forma più organica, senza accontentarci di seguire i post su Facebook. Speriamo che questa sia anche un’occasione per chiarire alcune domande sollevate dai lettori. Ma andiamo con ordine, come vi è venuta l’idea?
L’abbiamo copiata, com’è giusto fare con tutte le grandi idee: l’abbiamo visto fare alcuni anni fa da Stampa Alternativa e abbiamo deciso di replicare l’iniziativa, per informare i nostri lettori. Ci siamo resi conto, infatti, che spesso chi compra non sa cosa c’è dietro il prezzo di copertina e anche chi è del settore tende a sottovalutare la complessità dell’organizzazione: non ci sono solo l’autore, la tipografia e l’editore, nel mercato editoriale sono coinvolti anche il magazziniere o il commesso della libreria. Aggiungo che la prima casa editrice a rendere pubblici i costi del libro è stata Feltrinelli, tanti anni fa, ma questo l’abbiamo scoperto dopo.
La vostra iniziativa ha scatenato molti commenti. Qual è la voce di spesa che ha suscitato più clamore?
La percentuale che ha indignato di più è quella legata alla distribuzione, per la quale noi, invece, non ci indigniamo così tanto. So di dire una cosa controcorrente, ma conoscono i miei distributori (qui potete vedere chi sono), vedo come lavorano e so che quella percentuale include il lavoro di tantissime persone: magazzino, promozione, distribuzione, spese di gestione della libreria…
Permettimi di fare un paragone con l’industria alimentare, su cui forse c’è più informazione: le persone sanno che al supermercato la frutta e la verdura costano meno che da un piccolo produttore ma, per forza di cose, la qualità e l’eticità del prodotto sono diverse: ci si indigna per il raccoglitore di pomodori ma contemporaneamente si preferisce comprare il pomodoro che costa meno, senza chiedersi da dove venga. Allo stesso modo, spesso si chiede al piccolo/medio editore di fare sconti sul prezzo dei libri, ci si lamenta che sono troppo cari e allo stesso tempo ci si indigna per le condizioni del precariato giovanile della cultura. Non sarebbe ora di collegare i due fenomeni e chiedersi, davanti a un prezzo stracciato: sono stati pagati tutti quelli che hanno realizzato questo prodotto? La grande libreria di catena ha più a cuore il profitto, la piccola libreria verosimilmente avrà condizioni di lavoro più etiche.
Sono d’accordo. Però scegliere di farsi distribuire nelle piccole librerie non è semplice. Forse in questo il fatto di vendere fumetti aiuta?
Per gli editori che si occupano di fumetti, la produzione è più complessa e i costi vivi sono maggiori. Ma è un mercato ristretto in cui c’è più spazio di manovra ed è più facile acquisire visibilità e farsi conoscere dalle librerie specializzate. D’altra parte, le fumetterie non hanno diritti di reso e quindi, al contrario delle librerie normali, pagano alla distribuzione tutte le copie che acquistano, senza avere la possibilità di restituirle all’editore. Questo consente all’editore di sapere fin da subito quante copie ha venduto, senza avere l’incognita dei libri resi ma, per contro, fa sì che le fumetterie tendano a rischiare meno e dunque ad acquistare meno titoli.
Insomma, mi pare di capire che nel mondo dei fumetti le cose siano un po’ meno difficili, ma i problemi restano. Perdonami la domanda, non è masochista scegliere di aprire una piccola casa editrice?
Forse sì, è masochista. Ma noi di Eris siamo convinti che, lavorando bene e senza strafare, ogni anno la nostra casa editrice possa crescere un po’ e permetterci di costruire un futuro per noi stessi e per i nostri collaboratori. Se un editore non cresce, non riesce a pagare se stesso o, peggio, i propri dipendenti, forse dovrebbe riflettere su quello che sta facendo e sulla direzione che vorrebbe prendere, per il bene di se stesso e di tutte le persone che ruotano a lui intorno perché l’editoria è un sistema economico, in cui si è responsabili anche, e soprattutto, per gli altri. La piccola editoria rappresenta una sfida e come tale richiede un allenamento costante e una grande capacità di misurare le proprie forze e i propri limiti, per capire quale posizione si può occupare nel mercato. Non si partecipa a una maratona senza essersi allenati, sperando anche di vincere; allo stesso modo non ci si può improvvisare editori e sperare di occupare subito una posizione egemone.
Passiamo a una domanda un po’ spinosa, quella riguardante i costi di traduzione. Molti si sono indignati per quel misero 2% riservato alla traduzione…
Per prima cosa, bisogna precisare che si trattava di un fumetto dal prezzo di copertina di 22 euro. Nel fumetto il compenso non è calcolato a cartella ma a pagina, in modo forfettario, vengono cioè retribuite allo stesso modo sia le pagine con molte parole, sia quelle composte di sole immagini. Naturalmente si deve anche tenere conto della complessità del testo: in questo caso, per esempio, la traduttrice ci ha chiesto di essere pagata un po’ di più e noi, vista la difficioltà di alcuni dialoghi, abbiamo accettato. Quindi il compenso è stato concordato con la traduttrice.
Cosa comprende, invece, la voce “diritto d’autore”?
La percentuale sul diritto d’autore riguarda la percentuale sulle vendite che spetta all’illustratore e all’autore. A questo proposito, ci teniamo a dire che su un libro di saggistica pubblicato da poco, abbiamo pattuito anche una percentuale di royalties alla nostra traduttrice, nel caso in cui il testo superi una certa tiratura. Se arriveremo a una ristampa, pagheremo nuovamente le spese di tipografia e la percentuale che spetta all’autore, ma i costi per la promozione saranno minori perché significherà che il libro è andato bene, e ovviamente non dovremo ripagare la traduzione e la revisione. Ci siamo detti allora: nel momento in cui ci trovassimo ad avere più margine, perché non girarne una parte anche al traduttore? In fondo, se un libro va bene, è anche merito suo.
Sono perfettamente d’accordo. Purtroppo è un discorso che la maggior parte degli editori sembra non comprendere.
Non so come ragionino gli altri editori, a noi piace pensare alla casa editrice come una squadra. Noi tre soci fondatori siamo tutti molto giovani e abbiamo rischiato di finire anche noi in certi meccanismi di sfruttamento. Che senso avrebbe ora, trasformarci in sfruttatori? Meglio impegnarsi per trovare la soluzione migliore per tutti. L’Italia in questo momento sta conoscendo un boom del fumetto: speriamo che questo ci permetta un giorno di avere più peso sul mercato e tirature più alte. A quel punto potremo permetterci di diminuire il prezzo di copertina, di pagare di più i nostri collaboratori e magari anche di aumentare i nostri guadagni netti, ma senza che questo danneggi i lavoratori: l’etica è un principio fondamentale per noi e se sappiamo che non abbiamo i margini per pagare degnamente chi lavorerà a quel libro, preferiamo non pubblicarlo proprio.
Un’ultima domanda: replicherete l’iniziativa?
Assolutamente sì: d’ora in poi, ogni volta che il numero di pagine ce lo consentirà, stamperemo una tabella simile in ogni nostro libro.