Sono passati ormai alcuni anni e questa è una piccola nota autobiografica. Ero stato incaricato di selezionare autori e autrici di narrativa e poesia per un evento all’interno del CartaCarbone Festival di Treviso. L’evento si chiamava “Poster”, si teneva sotto la Loggia dei Cavalieri, una location splendida. Per alcuni mesi ho letto e riletto i libri che gli autori mettevano a disposizione. Poi ne è arrivato uno, l’ho letto e l’ho scelto senza indugi. Si trattava di “Crepa” di Caterina Perali. Oggi, qui, parlo del suo nuovo lavoro targato Neo Edizioni: “Le affacciate“.
“Le affacciate” racconta la storia di Nina alle prese con un evento purtroppo molto comune al giorno d’oggi: il licenziamento. Lei è una di quelle figure che si occupa di organizzare eventi per aziende e ricconi ed è pure brava nel suo lavoro. Malauguratamente questo non basta più, non serve essere bravi, serve essere economici. Il licenziamento la sprofonda in una dimensione parallela in cui è costretta a fare i conti con la vita “reale” e con la sua vicina Adele, la quale non sembra apprezzarla poi molto. Un giorno Nina riesce ad infrufolarsi a casa di Adele e a partecipare a un pranzo assieme ad altre due amiche della vicina di casa. La medium dalla vita sessuale movimentata che porta il nome di Teresita e Svetlana, la donna forzuta che è scappata dalla guerra nei balcani. Nina è cinica, disillusa, in crisi d’astineza di adrenalina, quell’adrenalina che il suo lavoro le forniva a piene mani, eppure sentir raccontare altre vite lontane dalla sua ha un peso.
“Le affacciate” è un romanzo profondamente calato nel nostro tempo. Il romanzo è scandito dai continui scambi in chat tra lei e al sua migliore amica. Scambi che mettono in mostra una certa superficialità nel trattare gli argomenti. E qui si potrebbero far partire alcune riflessioni. La prima tra tutte è che queste chat mettano in risalto quanto il bombardamento di informazioni a cui siamo sottoposti non ci permetta di introiettare quanto veniamo a scoprire. Nina passa continuamente dalla sfera sociale a quella personale, passa da ciò che è frivolo a ciò che è serio in poche battute e nella chat successiva tutto sembra dimenticato.
Nina studia su Wikipedia la guerra dei balcani per avere informazioni sufficienti a empatizzare con chi quella guerra l’ha vissuta. Crede che basti leggere qualche riga sullo schermo di un computer per comprendere realmente ciò che è successo, ciò che la gente ha vissuto sulla propria pelle, ma nel momento in cui ha la possibilità di passare una giornata in compagnia con delle persone “reali” è quasi costretta a tenere sempre aperto l’altro canale di comunicazione, la chat con l’amica. Sembra quasi che Nina non sia mai completamente in un luogo preciso, che voglia essere ovunque ma che non riesca mai a davvero da qualche parte.
Per quel che mi riguarda non credo che, alla fine dell’arco narrativo, Nina sia diventata una persona migliore. Credo, più semplicente, che abbia messo a fuoco se stessa e ciò che desidera essere. Che abbia accettato la propria natura e sia disposta a viverla fino in fondo, senza pentimenti. E questo, tra tutti gli elementi che rendono questo libro radicato nel nostro presente, mi pare sia uno degli aspetti più interessanti.
Caterina Perali (Treviso), anno 1975. Dopo gli studi a Venezia si sposta tra Genova e Lisbona per irrequietezza e amore delle città d’acqua. Per falsa coerenza ora vive tra Treviso e Milano, in un quartiere chiamato Isola, dove lavora nella produzione di spot pubblicitari. È stata autrice televisiva, ideatrice di social network fallimentari, sognatrice e collaboratrice per riviste di teatro e food and beverage. Suo il romanzo Crepa (13Lab Edizioni, 2015).