Quando si parla di pena di morte si aprono moltissimi dibattiti circa l’argomento, chi lo trova assolutamente disumano e lontano anni luce dall’idea di umanità e chi, invece, crede che sia la forma più pura e antica di giustizia, il famoso “occhio per occhio, dente per dente”. Ovviamente gli Stati Uniti rappresentano il punto focale di questa pena tanto discussa e criticata, molti film e libri hanno trattato l’argomento concentrandosi solamente sul fatto stesso, Catherine Mavrikakis ne Gli Ultimi giorni di Smokey Nelson (Keller), invece, sposta la lente sulle persone, su quelle che tramite i ricordi tratteggiano la storia di un uomo, un assassino, che da vent’anni attende l’esecuzione della sentenza e in questo lasso di tempo è successo di tutto nel Mondo esterno, da catastrofi naturali come l’uragano Katrina a crimini più o meno gravi. La condanna è la morte fisica, anche se quella dell’anima probabilmente è già avvenuta in assoluto silenzio. Quattro personaggi, quattro voci differenti che si incastrano tra di loro e poco alla volta espongono, non sempre in maniera esplicita, i problemi di un paese allo sbando, dove si sono evolute piaghe sociali come il razzismo e gli estremismi religiosi, dove la povertà e la crisi economica ha creato distanze incolmabili e soprattutto odio.
Catherine Mavrikakis ha il coraggio di mostrare le ferite sanguinanti di un’America dove le contraddizioni si susseguono, dove la libertà sembra essere la cosa più importante in assoluto ma la pena di morte è ampiamente praticata, soprattutto in alcuni Stati. L’abilità della scrittrice è quella di riuscire a usare stili e modalità di scrittura differenti per tratteggiare al meglio i suoi personaggi che fondendo le loro voci creano la storia stessa. Inoltre cambia registro e ritmo in base a cosa sta raccontando, regalando ancora più emotività e partecipazione ai monologhi. Quattro personaggi, quattro persone uccise, quattro come le stagioni di un dolore che forse finirà con l’esecuzione del condannato. Ma tutto si risolverà con la morte di Smokey?
La traduzione è di Silvia Turato.
canada
Le strane notizie nel mondo, al giorno d’oggi, si susseguono come le polemiche dopo un dubbio rigore assegnato durante una partita del campionato di Serie A. Al sottoscritto, poi, piace molto ricercare l’indiscrezione che può dare all’0cchio anche perchè, parliamoci chiaro, siamo tutti curiosi, chi più chi meno. Oggi, in un lunedì pomeriggio all’apparenza tranquillo, parlo di una tendenza registrata in Canada. Uno Stato bellissimo, per gente, territorio, cucina, ma anche i cittadini di Toronto e dintorni hanno delle usanze di difficile interpretazione. Avete presente la birra? Si, quella che la maggior parte degli italiani degusta specialmente dopo una giornata di lavoro, studio e altro (magari anche a pranzo e cena ndr). Tornando al pezzo, dopo aver cercato di descrivere le abitudini dei cittadini, passo al territorio canadese. Infatti, precisamente nella regione dello Saskatchewan, alle persone che hanno bevuto un boccale di birra, non può essere servita dell’acqua. Una strana “legge”, se così possiamo definirla, ma che deve essere rispettata dal punto di vista etico. Alla prossima…
Ormai non mi meraviglio di niente, figuriamoci quando leggo tendenze che potrebbero far rimanere di sasso tutti, ma non il sottoscritto, ormai abituato a scrivere di tutto. Imbattendomi per il web, ho conosciuto la parola Bagel head. Ecco, tutti si staranno chiedendo “Ma che caspita è quella parola che abbiamo appena letto?”. Semplice, dall’inglese, il sostantivo assume il significato di testa a ciambella. Si, avete capito bene: una testa a forma di ciambella o una ciambella a forma di testa (ok, evitiamo altre battute). Dal lontano 2007, adesso sono serio come quando ho sostenuto l’esame di stato, il Bagel head è una tendenza che ha avuto, e sta avendo, successo in tutto il mondo. Nata in Canada, grazie a Jerome Abramovitch, “la testa a ciambella” successivamente fu importata in Asia, precisamente in Giappone da Keroppy Maeda (non mi dite chi è). Il Bagel head è, in soldoni e senza tanti giri di parole, una sostanza modificata che viene iniettata sulla fronte delle persone che intendono “sottoporsi” a questo trattamento, con risultati uguali alla ragazza che notate nella foto. Questa sostanza viene assorbita dalla pelle che, infiammata, può essere modellata a piacere (in questo caso si forma una ciambella). Ecco la storiella del Bagel head. Io, però, le ciambelle le mangio, mica me le faccio disegnare sulla fronte.
Un’altra moda, un’altra faccenda difficile da raccontare. Non perchè sia triste, tragica o altro, ma vedere certe foto, fa venire voglia di pensare: per qualche motivo? Settimana scorsa ho parlato, insieme a Senzaudio dei gioielli che vengono “indossati”, diciamo così, dagli occhi. Una moda americana, ma anche asiatica che sta spopolando nel resto del mondo e, scommetto 2 euro, tra non molto la vedremo anche in Italia. Sempre gli occhi, una parte delicatissima del nostro corpo umano, sono i protagonisti di un’altra tendenza che farà certamente discutere. Pensate, i tatuaggi tanto belli da vedere (dipende dai punti di vista) vengono disegnati nel bulbo oculare delle persone, proprio coraggiose nel farsi infilare un ago nell’occhio. Accade in Canada e, ne sono certo come il dolce domenicale, questo disegno, colorazione, chiamatela come volete, in fretta e furia si estenderà anche negli occhi delle persone europee. Oscar Wilde diceva “Che cosa è una moda? Da un punto di vista artistico, di solito è una forma di bruttezza talmente intollerabile da doverla cambiare ogni sei mesi”. Vi lascio con questa frase.
Ps: Se volete tatuarvi, fatelo su una normalissima parte del corpo.