Nel corso del 2017 ho spinto molto sul pedale del racconto. E’ stata una continua ricerca di forma e sostanza. La ricerca di una voce da sentire profondamente mia, affine. La ricerca di un maestro magari non universale, ma adatto al mio modo di intendere la scrittura di racconti. Ovviamente il sottinteso è: dal momento che io stesso, quando scrivo, scrivo racconti, ho bisogno di qualcuno da cui poter estrapolare la sostanza vitale.
Devo dire di potermi ritenere molto fortunato. Parallelamente alla rilettura di alcuni classici del genere e all’approfondimento di alcuni di quegli scrittori che reputavo già membri della mia famiglia, nel 2017, proprio verso la fine, ho fatto la conoscenza di un nuovo membro. Una vecchia zia che non avevo mai incontrato prima, una di quelle persona di cui i tuoi genitori non parlano molto, ma quando lo fanno si sprecano gli attestati di stima.
Questa persona è la scrittrice Joy Williams di cui Black Coffee edizioni ha pubblicato “L’ospite d’onore“. Una raccolta di quarantasei racconti fenomenale. Ribadisco il concetto. Quarantasei racconti di una bellezza abbagliante. Molti di noi darebbero un braccio per scrivere anche solo un racconto degno di essere avvicinato a quanto ha scritto Joy Williams.
Lo sguardo che la scrittrice poggia sulle persone di cui parla è colmo di infinità pietà. Un concetto molto religioso di cui a me interessa l’aspetto più laico. La carica empatica della Williams ti accompagna fin dentro al salotto, fino a dentro una camera di ospedale, ti fa osservare l’attimo in cui qualcosa di essenziale sta per accadere. Come quando nel primo racconto, una meraviglia, il predicatore Jones prende in braccio la moglie appena uscita dall’ospedale e le fa attraversare la soglia di casa, come se quello fosse un secondo matrimonio. O quando osserviamo gli occupanti di un treno mentre alcuni di loro stanno effettuando un viaggio che li cambierà molto più di quando sia lecito aspettarsi.
Nei racconti di Joy Williams c’è sempre almeno un momento, una frase che ti fa pensare, eccola, eccola la singola frase per la quale vale la pena di scrivere un racconto o leggere un racconto. Ecco il momento in cui la scrittura si rivela in tutta la sua bellezza.
Nella quarta di copertina ci sono tre strilli di alcuni scrittori che dicono di aver apprezzato l’opera della Williams. Un tale Don Delillo, un signor Bret Easton Ellis e uno che ogni tanto scriveva racconti che di nome fa Raymond Carver. Confesso che è stato questo ultimo nome a farmi avvicinare ai racconti di Joy Williams con deferenza. Ma al di là di questo, al di là dei nomi, la cosa che mi ha sorpreso è stata l’eterogeneità di questi tre maestri. Il che mi ha fatto pensare che il valore dei racconti di Joy Williams fosse universale.
Lo è, almeno secondo me. Qualunque sia il genere letterario di vostra competenza, la lettura di questi racconti non potrà che farvi imparare moltissimi sia sulla difficile arte dello scrivere racconti, sia sull’ancora più difficile arte di essere umani migliori.
La traduzione di questo libro voluminoso è firmato da Leonardo Taiuti e Sara Reggiani, le due menti dietro alla casa editrice Black Coffee. Se la progressione è quella dettata dagli ultimi volumi del 2017 io sono convinto che nel 2018 anche i sassi si accorgeranno di loro.
Segnalo anche l’ottima prefazione di Mariarosa Bricchi.
Joy Williams è nata a Chelmsford, Massachusetts. È autrice di quattro romanzi (tra cui I vivi e i morti, edito da Nutrimenti e finalista al premio Pulitzer nel 2001), quattro raccolte di racconti, una raccolta di saggi e una guida turistica non convenzionale delle Florida Keys. I suoi racconti, per la prima volta riuniti in questa antologia, le sono valsi numerosi premi, tra cui lo Strauss Living Award e il Rea Award. Il suo primo romanzo, State of Grace, è stato nominato per il National Book Award e la raccolta di racconti Taking Care le ha portato gli onori della critica e il rispetto del pubblico. Nel dicembre del 2017 le è stato conferito dal Paris Review il prestigioso premio Hadada alla carriera. Joy Williams vive tra Tucson, Arizona, e Laramie, Wyoming.