Ho iniziato a leggere Amélie Nothomb in francese, per cercare di passare l’esame di lingua. Avevo bisogno di qualcosa che fosse (e lo era, per me, all’epoca) lineare nella forma, accessibile nella lingua, appassionante nei contenuti. La scelta ricadde su Amélie Nothomb e credo che mai scelta fu migliore. Abbiamo percorso assieme un periodo della nostra vita, poi ci siamo persi un po’ di vista, ma di recente un volume l’ha riportata dalle mie parti.
Il volume di cui parlo si intitola “La bocca delle carpe – Conversazioni con Amélie Nothomb” ed è stato scritto da Michel Robert. Aggiungo, come se ce ne fosse bisogno, che il libro è stato pubblicato da Voland che, più che l’editore italiano della Nothomb, mi sembra una vera e propria emanazione della scrittrice qui in Italia. Una costante presenza nella vita quotidiana di un lettore.
Come ben spiega il titolo del libro, non si tratta di una raccolta di interviste raccolte qua e là, nata da una pura operazione commerciale, si tratta, in questo caso, di vere e proprie conversazioni tra Michel Robert e la scrittrice belga (nata a Kobe). Conversazioni che delineano quasi un’immagine bloccata nel tempo di quella che è stata Amélie Nothomb all’inizio della sua carriera. Le conversazioni infatti sono relative ad un periodo che parte a metà degli anni novanta (dopo “Igiene dell’assassino”, “Sabotaggio amoroso”) e arriva fino al 2001. Un periodo che ha visto la crescita esponenziale della popolarità di questa autrice dalla produzione letteraria copiosa e di alto livello.
Uno dei motivi che mi hanno spinto a leggere questo volume è dovuto al fatto che, trattandosi di conversazioni tra persone che condividevano una certa confidenza, si va oltre al concetto di intervista. Non c’è mai traccia di quella freddezza che spesso si percepisce nella serie di botte e risposte tra autore e giornalista. C’è quasi una profonda complicità tra le due parti coinvolte, cosa che fa sorgere un’immagine di Amélie profondamente umana, curiosa, con uno sguardo quasi infantile sulle cose e, quindi, capace di emozionarsi. Ho riconosciuto, in queste conversazioni, l’Amélie che avevo percepito nei libri letti durante gli anni universitari.
Questo è un libro che tutti gli amanti della scrittrice dovrebbero leggere. Per alcuni, magari quelli che si sono avvicinati a lei in tempi recenti, queste pagine possono essere una dolce scoperta, per altri saranno una conferma della lucidità, del talento per l’osservazione, dell’immaginario che questa autrice ha dentro di sé e che non accenna ad affievolirsi.
La traduzione è a cura di Sara Manuela Cacioppo.
Michel Robert è autore di libri di interviste col danzatore e coreografo Maurice Béjart (Actes Sud, 2006) e il designer Jacques Martin (Dargaud, 1999). Amélie Nothomb ha scritto la prefazione al suo Pascal de Duve. Lettres à un ami disparu (La Renaissance du Livre, 2001).
Amélie Nothomb, nata nel 1967 a Kobe, Giappone, trascorre l’infanzia e la giovinezza in vari paesi dell’Asia e dell’America, seguendo il padre diplomatico nei suoi cambiamenti di sede.
A 21 anni torna in Giappone e lavora per un anno in una grande impresa giapponese, con esiti disastrosi e ironicamente raccontati in Stupore e tremori.
Rientrata in Francia, propone un suo manoscritto a una solida e storica casa editrice, Albin Michel.Igiene dell’assassino esce il 1° settembre del ’92 e conquista subito molti lettori.
Da allora pubblica un libro l’anno, scalando a ogni nuova uscita le classifiche di vendita.
Ha ottenuto numerosissimi premi letterari tra cui il Grand Prix du roman de l’Académie Française e il Prix Internet du Livre per Stupore e tremori, il Prix de Flore per Né di Eva né di Adamo ‒ da cui nel 2015 è stato tratto il film Il fascino indiscreto dell’amore di Stefan Liberski ‒ e due volte il Prix du Jury Jean Giono per Le Catilinarie e Causa di forza maggiore.
Oggi vive tra Parigi e Bruxelles.
I nomi epiceni è il suo 27° romanzo.