Paratesto:
Il verde, presenza piena nella copertina, mi rilassa. Mi facilità la lettura, mi mette a mio agio. Non ce ne sarebbe bisogno, ma il verde mi aiuta a spogliarmi di tensioni accumulate nel tempo e favorisce l’immersione nelle pozze di Cognetti.
Testo:
Mi soffermo sull’immagine dello scrittore alla fine del libro. Piccola, quasi nascosta. C’è la faccia di Cognetti che mi guarda e io un po’ mi spavento. Mi spavento per lo sguardo. E’ evidente. Cognetti è una di quelle persone che non guarda, ti scruta dentro, abita la tua anima e poi la descrive.
“A pesca nelle pozze più profonde” è, come il sottotitolo tradisce, un libro/meditazione sull’arte di scrivere racconti. Io ho un rapporto abbastanza buono con i racconti. Li leggo. Ed è già molto di più di quanto si possa dire, dati alla mano, della stragrande maggioranza dei lettori italiani.
Cognetti, poi, quasi come se volesse circuirmi, cita alcuni degli scrittori di racconti che amo di più (Carver e Cortazar tra gli altri) e di Carver cita pure il racconto che in assoluto ho amato e amo dello scrittore americano “Una cosa piccola ma buona”. In realtà, questo è un valore aggiunto.
Ho iniziato ad amare questo libro sin dall’inizio. Perché, per quanto nel già citato sottotitolo si parli di meditazione, a me è sembrato di leggere una dichiarazione d’amore da parte di Cognetti ai suoi padri. La materia di cui è fatto “A pesca nella pozze più profonde” è l’amore. Non ne ho dubbi.
Questo è un libro che può essere letto indistintamente da chi ama leggere (non necessariamente i racconti, anzi, magari vi viene la curiosità di sconfinare in un genere che non è propriamente il vostro) e da chi si cimenta con più o meno successo nella scrittura. Perché c’è un po’ di tutto, perché Cognetti fornisce chiavi di lettura, ambiti da esplorare, motivi di riletture compulsive e tanto altro.
Mi sono ritrova a finire il libro e poi riprenderelo in mano. Rileggere alcuni passi, andarmi a vedere i racconti citati da Cognetti, scoprire di averli letti magari male, superficialmente e prenderne finalmente possesso. Perché se qualcuno ti insegna a cogliere i particolari, se ti illumina la strada, allora è più facile cogliere la bellezza.
Mi auguro che venga adottato in massa nei corsi di scrittura creativa, perché, aldilà dello spessore tecnico, quella che Cognetti trasmette, è una passione sfrenata verso il racconto. Una passione composta in parti uguali di rispetto, adorazione e voglia di aggiungere quel piccolo granello in più alla storia della letteratura.
Coordinate:
Minimum Fax sta cambiando. Solitamente i cambiamenti fanno paura, mi fanno paura. Ci rimugino sopra per giorni. Stavolta però sono tranquillo. Non so, una voce che potrebbe essere quella dell’istinto mi dice che continuerò a leggere ancora per parecchi anni libri Minimum Fax di qualità.
Paolo Cognetti è nato a Milano nel 1978.
È autore di alcuni documentari – Vietato scappare, Isbam, Box, La notte del leone, Rumore di fondo – che raccontano il rapporto tra i ragazzi, il territorio e la memoria. Per minimum fax media ha realizzato la serie Scrivere/New York, nove puntate su altrettanti scrittori newyorkesi, da cui è tratto il documentario Il lato sbagliato del ponte, viaggio tra gli scrittori di Brooklyn.
Per minimum fax ha pubblicato Manuale per ragazze di successo (2004), Una cosa piccola che sta per esplodere (2007), vincitore, tra gli altri, del Premio Fucini, del Premio Settembrini e finalista al Premio Chiara e Sofia si veste sempre di nero, selezionato al Premio Strega 2013. Il suo blog è paolocognetti.blogspot.it.
La grafica è “Made in Falcinelli“. Come per tutte le cose che non capisco ma che mi piaciono nutro nei suoi confronti un’adorazione che mi fa vergognare. Mi fa vergognare perché non riesco ad argomentarla.