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Parental Advisory: Pensiero Esplicito

by senzaudio

A cura di: Graziano Carugo Campi

Cronaca di una normale giornata di lavoro. Dialogo tra direttore e genio prestato alla tastiera:

“Devi trovarmi un argomento, che questa settimana non so cosa scrivere…”.
“Mah… non so se te la senti, ieri ho letto di uno che dice di essere l’uomo più vecchio del mondo: 160 e passa anni. Scrivici qualcosa su, a modo tuo”.
“E’ una balla… è uscito su un sito di satira”
“Mmm… A Jesolo usano i droni per controllare i vu cumprà”
“No che poi faccio la fine di quello della NBA e mi tocca vendere il PC”.
“Ecco, quella di Sterling è una storia interessante”
“Sì ma mi troverei a scrivere solo “bananità””.
“Allora mi sa che sono a corto”.
“Ah non dirlo a me, io ero a corto già da prima…”
Breve pausa.
“Se ti propongo qualcosa di folle, completamente irresponsabile, insensata, irrazionale, autolesionista e poco professionale, sei disposto a rischiare?”
Silenzio.
“Ti sei sentito male?”
“Vedi, non si tratta di rischiare o meno. Si tratta di capire cosa è Senzaudio o no. Quando fai satira, parli male di qualcosa per metterla in luce quello per me è Senzaudio. Quando racconti qualcosa facendo entrare il lettore in ciò che racconti, quello è Senzaudio…”.
“…E no, non mi sono sentito male, scrivevo con l’ipad. E sto avendo solo una piccola una crisi di panico”.
“Ma stavolta non voglio fare satira, voglio fare qualcosa che tu non ti immagineresti mai, dando un senso che nessuno immaginerebbe mai, a qualcosa che probabilmente nessuno farebbe mai.
“Che poi è quello che mi piace di più fare”.
“Lo sai vero che non di carta bianca a nessuno?”.
“No ci mancherebbe”
“Tu scrivi e poi valuto in tutta onestà”.

Parental Advisory: Pensiero Esplicito

Questa settimana ho pensato a tante cose. Ho un sacco di idee in mente, un sacco di lavori da fare, alcuni molto importanti che potrebbero cambiare la mia vita e anche quella di persone che con me si sono confidate per dei problemi seri. Ho la testa incasinata. Non sto chiedendo “clemenza” ai miei lettori: voglio chiedere loro una mano. Questo è il mio articolo, che ho scritto con il mio “Galaxy Note” mentre dialogavo col direttore:

Immagine
Tutto qua. Ho conosciuto una ragazza: conosciuto non è la parola giusta perchè l’ho solo vista e ho scambiato due parole con lei e non è che credo di essere stato molto “fortunato”. Allora ho pensato che una volta le cose erano più semplici: facevi un fogliettino come questo, lo passavi sotto il banco della ragazza che ti piaceva, e tutto si sistemava in un modo o nell’altro. A me non la dava mai nessuno, perchè in disegno avevo quattro e alle medie eravamo tutti maschi. Quando lei vedrà questo articolo, probabilmente penserà che sono completamente pazzo e a questo punto anche molti di voi penseranno lo stesso, mentre il mio direttore starà sicuramente curando l’iperventilazione con un sacchetto di carta, dopo aver litigato con me perchè ho pubblicato questo pezzo senza farglielo leggere.

E’ la cosa più irresponsabile, insensata, irrazionale, autolesionista e poco professionale che si possa fare in una redazione. Però è anche vero che è la cosa più semplice da fare e se decido di farla, è perchè in mezzo a tutte le cose che ho pensato questa settimana, a tutte le idee che ho in mente, i lavori da fare e i problemi da risolvere, ho capito che sono due le cose importanti: uno è il sorriso che mi è entrato in testa la prima volta che l’ho vista, e l’altro è l’espressione meravigliosa che fanno i bambini quando risolvono i loro problemi nella maniera più semplice e logica possibile. Magari anche “stupida”.

Allora è qui che entrate in gioco voi, perchè quando lei penserà che sono matto, leggendo i vostri commenti dovrà capire che è sicuramente vero, ma che è altrettanto vero che sono un matto con il quale vale la pena prendere un caffè.

Per quanto riguarda le cose a cui accennavo sopra, purtroppo non posso dirvi cosa sta per succedere: è una cosa che mi tiene sulle spine, che non mi riguarda direttamente ma che ho preso veramente a cuore. La speranza è di non doverla raccontare fino a che non avrà un lieto fine, o non raccontarla affatto, perchè i lieti fine non sempre hanno bisogno di essere raccontati: a volte vanno goduti in silenzio. E se invece dovrò raccontarla, sarà perchè dovrò denunciare una situazione che mi ha lasciato senza parole e con lacrime di rabbia e commozione sospese a metà strada tra l’occhio e il cuore.

In ogni caso, la mia non è una situazione diversa da tante: tutti abbiamo dei problemi, e con questo articolo voglio dimostrare che a volte il modo di risolverli è semplicemente il più irresponsabile, insensato, irrazionale, autolesionista e poco professionale che si possa immaginare. Ma il più sincero: confidare in chi ci è vicino. Non siamo soli.

Grazie per tutte le volte che mi siete stati vicino, anche quando non sapevo cosa dire. Grazie per tutte le volte che mi sarete vicino, anche quando non saprò cosa dire. Avete reso il mio lavoro bellissimo, e continuate a farlo, ogni volta che vi incontro. A voi, “chapeau”.

Graziano Carlo Carugo Campi.

P.s.: Se hai letto fin qua, non so cosa starai pensando. Ti confesso che non so quanti mi leggeranno e non so quanti commenteranno. Però so che aspetto ancora un tuo messaggio. Prendiamoci un caffè.

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