In passato ho parlato di elezioni in questo spazio: non ho mai fatto politica, ma ho portato riflessioni sulla deriva anti-democratica del nostro paese. Troppo spesso, in sostanza, siamo noi cittadini a dimenticarci cosa voglia dire “Res pubblica” e un po’ alla volta stiamo perdendo coscienza dei pericoli che il “lasciar fare ad altri” comporta.
Oggi parlo di riforma elettorale: il tanto decantato Italicum, che nei proclami dovrebbe garantire maggior governabilità e stabilità al paese. Per parlarne, uso le parole di gente che “ha studiato”, così non faccio torto a nessuno:
Mario Dogliani, professore di Diritto Costituzionale, Università di Torino,
“Il generale accordo sul fatto che l’attuale legislatura debba avere l’intera durata quinquennale costituzionalmente prevista, comporta uno sfregio dei cosiddetti effetti retroattivi della sentenza della Corte costituzionale, e cioè del significato obiettivo della sentenza. Sfregio che consiste nel far leva sullo spropositato premio di maggioranza (dichiarato incostituzionale) proprio per autoassegnarsi quella durata al fine di approvare gli strumenti (elettorali e costituzionali) volti a sopraffare le attuali minoranze interne e le opposizioni esterne”.
Luigi Ferrajoli, ordinario di Filosofia del diritto Università Roma Tre: “Il difetto maggiore dell’attuale progetto governativo di riforma del Senato consiste nella sua associazione alla legge elettorale, quale risulta anch’essa dal progetto governativo. Questa riforma del Senato consiste infatti, sostanzialmente, nella sua abolizione: sono infatti assai poche e scarsamente rilevanti le competenze che gli vengono attribuite. Essa consiste, in breve, nella trasformazione dall’attuale bicameralismo perfetto in un sostanziale monocameralismo ma c’è una condizione perché il monocameralismo sia un fattore di rafforzamento anziché di emarginazione del ruolo del Parlamento: che l’unica Camera (la Camera dei deputati) sia eletta con un sistema elettorale perfettamente proporzionale, in grado di rappresentare l’intero arco delle posizioni politiche”.
Avversari del progetto Renzi anche Alessandro Pace, già professore emerito di diritto costituzionale presso la Facoltà di giurisprudenza dell’Università La Sapienza di Roma: “Un monocameralismo dominato da una coalizione di partiti non legittimata dalla maggioranza degli elettori, per giunta privo di contro-poteri” e l’ex giudice costituzionale Gustavo Zagrebelski: “La visione d’insieme è quella d’un sistema politico che vuole chiudersi difensivamente su se stesso, contro la concezione pluralistica e partecipativa della democrazia, che è la concezione costituzionale. La posta in gioco è alta. Per questo è giusto lanciare l’allarme”.
Critico anche Giuseppe De Vergottini, ordinario di diritto Costituzionale all’Università di Bologna: “La composizione del Senato sarebbe caratterizzata da uno schema schizofrenico. I rappresentanti delle autonomie permarrebbero in carica seguendo la durata del mandato locale che quindi potrebbe risolversi in periodi diversificati di durata di quello senatoriale. I componenti presidenziali addirittura avrebbero durata sorpassante quello della durata della generalità dei componenti di provenienza regionale e locale”.
Questa riforma non s’ha da fare. Non credete alla TV.