Il libro indie è alla moda, non è importante leggerlo o leggerlo tutto, ma sfoggiarlo.
Il libro indie rifiuta le virgolette dei dialoghi, che fanno troppo “libro di genere”, e pazienza se così facendo a volte non si capisce un cacchio di quello che stiamo leggendo.
Il libro indie può essere molte cose, un concept, un must, uno status, un cilicio, molto difficilmente però è un romanzo con un inizio, uno svolgimento e una fine.
Il libro indie, anzi, se ha un finale non è più indie.
Il libro indie a volte il finale te lo rivela a metà.
Il libro indie può essere scritto in prima, seconda, quarta, quinta, sesta, settima, decima, trentesima persona, non ha importanza, basta che non sia scritto in terza persona, che fa così cheap.
Il libro indie è intimo, urgente, necessario. Come un pannolone.
Il libro indie spesso è un libro “de problemi” che vuole salvare il mondo e redimerci tutti.
Il libro indie non è divertente, perché divertirsi con un libro è out.
Il libro indie infine è transustanziale: quando il suo autore diventa famoso e pubblica con una grande casa editrice, all’improvviso i suoi libri – anche se il contenuto è rimasto lo stesso – non sono più indie.
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[…] Che caldo, che sole, spariamoci una granita, ragazzi, e anche il buon vecchio (e sempre attuale) manifesto per un’estate di letture prive di sensi di colpa (che era già uscito tempo fa su Senzaudio): […]