L’Italia è strana. Stranissima. E con una particolarità. Vengono comprate case vista Colosseo, viene venduta una azienda, sempre all’insaputa di chi invece dovrebbe sapere e prendere le decisioni. Ovvio che non bisogna fare di ogni erba un fascio, e il rischio di essere qualunquisti è forte, ma sarebbe davvero importante avere l’onestà morale di prendersi le proprie responsabilità. Perché se sei il Presidente di Telecom e la tua società viene venduta a tua insaputa, ci sono due possibilità: o conti zero, e la tua carica è solamente “politica”, o stai mentendo.
Ecco, la questione Telecom è esemplificativa dell’andamento dell’Italia. Stiamo parlando della principale azienda di telecomunicazioni in Italia, alla cui guida si sono succeduti, come delle ciliegie, alcuni tra i principali capitani d’industria italiani: da Colaninno a Tronchetti Provera finendo per passare sotto il controllo di banche (Intesa San Paolo) e assicurazioni (Mediobanca e Generali). Insomma, finanza e industria. Oggi, nel 2013, Telecom viene venduta, all’insaputa del presidente Bernabè, alla spagnola Telefonica. L’Italia che vende alla Spagna. Non alla Germania, alla Spagna, un Paese che sta messo come noi.
Fosse solo Telecom. No, invece. Perché all’orizzonte c’è già una nuova cessione, quella di Alitalia, ad Air France. Altro che cordata italiana. I nostri capitani d’industria, a braccetto della finanza, stanno vendendo due marchi simboli di uno Stato: telecomunicazioni e compagnia aera. E’ l’ennesima conferma di una tendenza che sembra inarrestabile. Pernigotti, Loro Piana, Bulgari, Valentino, Gucci, Star, Parmalat, Roma e Inter. Ben vengano gli investitori in Italia, certo, ma quanto sta accadendo è sintomatico di una mancanza di liquidità e di coraggio da parte dei nostri capitani d’industria e di una finanza che pensa solo ai propri conti. Non riuscire a mantenere il possesso dei marchi storici è una sconfitta per tutto il sistema italiano. Forse, però, è meglio così.