La conoscete quella del leone e della gazzella? Alcuni se la ricorderanno grazie allo sketch di Aldo, Giovanni, Giacomo, altri ancora la avranno sentita raccontata da qualcuno, altri letta da qualche parte. La gazzella che deve correre più veloce del leone per non non essere mangiata, il leone che deve correre più veloce della gazzella se non vuole morire di fame. Ecco, questa è la storia, una storia che mi è ritornata in mente sfogliando le pagine di un giornale. Le notizie sono come il leone e la gazzella. Ogni giorno si rincorrono, iniziano una vita completamente distaccata dai fatti che raccontano, separati dalla vita. Si inseguano, si diceva, e lottano. Per non cadere nel dimenticatoio, per non essere dimenticate, per non cadere nell’abisso. E’ il destino cui è andato incontro l’assegnazione nel 2012 del premio Nobel per la pace all’Unione Europea, un fatto che molti, io compreso, avevano completamente dimenticato. Perché questo riconoscimento all’Europa? Perché stiamo attraversando il più lungo periodo di pace nella storia del nostro continente, questo ombelico del mondo che ha conosciuto ogni secolo la guerra. Dalla fine della seconda guerra mondiale, solo pace. Con effetti benefici per tutti, con le nostre generazioni che sono state baciate dalla fortuna. Quella pace sempre a rischio nel resto del mondo, quella pace messa in bilico in Siria, quella pace per cui l’Unione Europea dovrebbe essere la promotrice numero uno. Invece, ognuno procede in ordine sparso, ogni Nazione con la propria idea. Così, l’Unione Europea stenta, fatica, non è credibile agli occhi degli interlocutori. Quella pace, si diceva, che dovrebbe essere l’obiettivo numero uno, ma che è improbabile da raggiungere se gli stati europei (Italia in testa) vendono armi agli Assad di turno. E poi, c’è un altro premio Nobel per la pace. Barack Obama. Ancora oggi bisogna trovare il senso per un riconoscimento così prestigioso. Appena eletto Presidente degli States, ecco il premio. Senza aver fatto nulla. Ora si parlerà di guerra in Siria scampata, mentre in quel Paese è in atto, ogni giorno, una lotto civile sanguinosa, animalesca. Spetterebbe alla politica, alle diplomazie mettersi al lavoro per far cessare il fuoco. Si può fare? Sì, a patto che ogni Stato metta sul tavolo il buonsenso e il pragmatismo. Quello che manca.
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